venerdì 26 novembre 2010

The importance of being Oscar (L'importanza di chiamarsi Oscar)



Sottotitolo: L'istigazione alla lettura

Il conosciuto detto inglese dice: “Tutti i buoni scrittori inglesi sono o irlandesi o omosessuali”. Oscar Wilde a quanto sembra è l’unico che soddisfa tutte due condizioni. Il cerchio della sua vita comincia a Dublino, nell’anno 1854, ed è finito nel 1900 in un misero albergo Alsace a Parigi, dove si era rifugiato nel1897 dopo aver scontato due anni in carcere con il lavoro forzato. Nel periodo del suo parigino tramonto aveva conosciuto il giovane Andre Gide, al quale una volta aveva confidato: “Ho investito la mia genialità nella mia vita, e nella mia opera soltanto il talento.” Che cosa si può aspettare altrimenti di un uomo che si riteneva uno dei pochi fortunati, “the happy few”, e chi aveva scritto una diecina d’anni prima: “Vivere, questo è la cosa più rara al mondo. Il maggior numero delle persone esiste soltanto.”
Wilde aveva frequentato le miglior scuole: per prima il Trinity College (dove alcuni decenni più tardi James Joyce convocherà il suo “alter ego” – Stephan Dedalus) e poi andrà ad Oxford.
   Il suo primo grande amore fu Florance Balcombe, ma lei rifiuta il giovane “dandy” e sceglie un certo Bram Stoker, quello stesso che venti anni più tardi introdurrà nella letteratura la famosa figura del conte Dracula. (A quanto sembra, era molto brava musa questa Florence!) Deluso da queste (usiamo le parole di Shakespeare) “pene d’amor perdute”, Wilde lascia l’Irlanda e si trasferisce a Londra. Nell’ anno 1881. pubblica il primo libro: la raccolta di poesie. L’anno seguente va ad insegnare in America e in quell’occasione alla dogana pronuncia quella famosa frase. “Avete da dichiarare qualche cosa?” aveva chiesto il doganiere. Wilde rispose saccente: “Niente, tranne la mia genialità.”
   L’anno 1884 si sposa con Costance Lloyd. Nei prossimi dieci anni (in apparenza) Wilde vive la vita di una favola. Diventa  padre, si afferma come lo scrittore, diventa il beniamino dei mondani aristocratici saloni vittoriani… Per i suoi figli scrive alcuni racconti per i ragazzi, le fiabe moderne ( “Il principe felice”, e “La casa dei melograni”). Pubblica la raccolta di racconti “Il delitto di lord Arthur Savile”. L’anno 1891. pubblica il suo unico romanzo “Il ritratto di Dorian Grey”, il romanzo che alcuni avevano etichettato l’elaborazione del racconto di Stevens  “Dr. Jekyll e Mr. Hyde” , il romanzo che era entrato anche in quello stretto cerchio di artefatti conosciuti anche a quelli che non amavano di leggere. Un anno più tardi comincia la sua carriera di scrittore drammatico. Il suo primo dramma era “Il ventaglio di Lady Windermere”, un anno più tardi arriva “Una donna senza importanza”, e nell’ anno 1895  “Un marito ideale” e “L’importanza di chiamarsi Ernesto”. Il suo ultimo dramma “Salome” è stato scritto nella lingua francese, è stato vietato a Londra, ed è stato rappresentato a Parigi (giovane Bechett spesso è stato paragonato con Wilde, perché anche lui era un irlandese che scriveva in lingua francese). Dal libretto basato su questo dramma Richard Strass scrisse l’opera. Lord Alfred Douglas l’aveva tradotto in lingua inglese. Alfred Douglas (conosciuto meglio come Bosie) era il suo amico intimo e l’amante e cosi, indirettamente è stato colpevole per il suo arresto. Durante il suo soggiorno in prigione Wilde scrive a Bosie, e queste lettere sono state pubblicate dopo la sua morte (1905.) con il nome “De profundis”. Esce di prigione come un uomo povero e distrutto. Si trasferisce in Francia e prende il nome Sebastian Melmoth. Muore a Parigi.
   Le commedie di Oscar Wilde sono le più belle e le più reali illustrazioni della società vittoriana. I sociologi può darsi le chiamerebbero le parodie, però Wilde era consapevole che anche lui apparteneva a questa società. Se in esse c’è l’ironia si tratta soltanto della autoironia. Wilde non è un cinico, lui soltanto aveva dato la miglior definizione del cinico: “Il cinico è la persona che conosce il prezzo di ogni cosa, ma non conosce il loro valore.” Però l’appartenenza ad una classe sociale non deve implicare automaticamente anche la sua adorazione e l’ignoranza. La conferma ci arriva anche da una frase di Lennon: “La società spesso perdona un criminale, ma mai un sognatore”. Wilde era proprio un sognatore, un sognatore come l’oggetto lirico della canzone “Imagine” di J. Lennon. L’uomo che è stato ricordato tra altro anche per la frase: “Riesco a resistere a tutto, tranne alla tentazione”, doveva alla fine cascare nella tentazione ed essere espulso dalla società.
Malgrado al tragico destino e le disgrazie che gli sono capitate, Wilde era soprattutto – come aveva detto Borges – l’artista della felicità, l’uomo che conserva, malgrado essere abituato alle disgrazie e al male, l’intoccabile verginità. Alla fine possiamo chiederci usando le frasi di Amleto: “Che cosa rappresenta a noi Wilde oggi?” Per rispondere, bisogna di nuovo citare, e chi altro se no, Borges: “Secondo me è impossibile spiegare Wilde con i mezzi tecnici. Pensare a lui significa pensare a un caro amico, che non abbiamo visto mai, però di chi conosciamo la voce e ogni giorno sentiamo la sua mancanza.” E un vero peccato che non è più vivo e che non possiamo sentire come avrebbe commentato il fatto che il più prestigioso simbolo dell’odierno snobismo hollywoodiano è stato battezzato con il suo nome.

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APOLOGIA

E' tua volontà ch'io debba turbarmi e impallidire,
Barattare il mio panno d'oro per un rustico grigio,
E a piacer tuo tessere quella rete di dolore
A ogni filo più lucente corrisponde un giorno sprecato?
E' tua volontà - Amore che amo così tanto -
Che la Dimora dell'Anima mia sia un luogo tormentato
Dove come drudi malvagi debbano dimorare
La fiamma mai estinta, il verme che non muore?
Si, se è la tua volontà, lo sopporterò,
E venderò l'ambizione al mercato comune,
E lascerò che il cupo fallimento sia il mio vestito,
E che il dolore si scavi la tomba nel mio cuore.
Sarà meglio così, forse, - almeno
Non ho fatto del mio cuore un cuore di pietra,
Non ho privato la mia adolescenza del suo ampio banchetto,
Non ho viaggiato dove la Bellezza è una cosa sconosciuta.
Molti han fatto così; hanno tentato di limitare
In rigidi confini l'anima che dovrebb'essere libera,
Hanno percorso la strada polverosa del senno comune,
Mentre tutta la foresta cantava di libertà,
Senza vedere come il maculato falco in volo
Passava su ampie ali nel sommo dell'aria,
Diretto ove una ripida inviolata altura montana
Catturava le ultime trecce della chioma del Dio Sole.
O come il fiorellino è calpestato:
La primula, quello scudo d'oro piumato di bianco,
Seguiva con occhi assorti il vagare del sole,
Contenta se una volta le sue foglie ne erano aureolate.
Ma certo è qualcosa essere stato
Il più amato per un breve tratto,
Aver camminato mano in mano all'Amore, e avere visto
Le sue ali purpuree volteggiare una volta nel tuo sorriso.
Ah! Anche se il satollo aspide della passione si ciba
Del mio cuore di ragazzo, pure ho sfondato le sbarre,
Sono stato faccia a faccia con la Bellezza, ho conosciuto davvero
L'Amore che muove il Sole e le altre stelle!

Oscar Wilde


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1 commento:

Francesca D. ha detto...

Bellissimo post! Ho da poco acquistato l'edizione integrale con tutte le sue opere, e 'L'importanza di chiamarsi Ernesto' sarà tra le mie prossime letture!

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