martedì 16 novembre 2010

Villa Adriana - Un sontuoso rifugio per l’imperatore (parte II.)


È interessante notare come l’intera area fosse dotata di un vero e proprio sistema di strade sotterranee, alcune delle quali percorribili anche dai carri: una specie di rete di servizio indipendente, concepita per non arrecare intralcio ai livelli superiori. L’accesso principale della villa si trovava a nord, servito da un diverticolo della Via Tiburtina che costeggiava la cosiddetta Valle di Tempe, cosi chiamata a somiglianza di un omonimo e celebre luogo della Tessaglia.
Qui sorgeva l’Hospitalia, un edificio adibito a dormitorio dei pretoriani di guardia all’ingresso. Nelle vicinanze si trovano due ambienti, detti Biblioteche: in realtà si tratta di due triclinii estivi, ossia sale da pranzo, che fanno parte del nucleo più antico del palazzo. Nei pressi si ergono i resti del cosiddetto “Teatro Marittimo”, uno dei più suggestivi elementi del complesso. L’insieme è formato da un muraglione anulare, porticato verso l’interno, e da un canale, che delimita un’isoletta circolare, poteva assolvere tutte le funzioni pubbliche inerenti la figura dell’imperatore, garantiva nel contempo una riservatezza altrimenti impensabile e poneva Adriano al riparo dalle beghe di corte e dal controllo esercitato dal senato. Qui, inoltre, il colto principe potè mettere in pratica le sue personali concezioni architettoniche, a metà tra rigoroso classicismo e sperimentazione “barocca”, sorrette da audaci intuizioni scenografiche e dallo spregiudicato impiego di nuovi metodi costruttivi.



Villa Adriana è famosa infatti anche per il frequente impiego delle superfici curve e in particolare per la grande varietà di cupole – a semisfera, a spicchi, a ogiva - , cui si accompagna una ricerca costante degli effetti visivi. Oltre il Teatro Marittimo si estende la parte centrale della villa, comprendente il cortile delle Biblioteche, il Palazzo, il Ninfeo, la Sala dei pilastri dorici  con a lato la Caserma dei Vigili  e infine  la Piazza d’Oro, circondata da un grande peristilio e un portico a due navate. Dalla Sala dei pilastri dorici, in realtà una basilica, si accede all’ambiente detto “Sala del trono”, che con tutta probabilità costituiva effettivamente una sorta di aula palatina, destinata alle solenni sedute della corte imperiale. Il lato nord della Piazza d’Oro è caratterizzato da un vestibolo a pianta ottagonale, la cui copertura costituisce uno dei più notevoli esempi di cupola a spicchi, mentre sul lato sud si trova un grande e complesso ninfeo semicircolare, forse un triclinio estivo. Alla parete occidentale della Sala dei Filosofi, presso il Teatro Marittimo, è addossato uno dei lati corti del Pecile, grande piazza circondata da portici che costituivano una sorta di “xystus”, cioè un luogo destinato alle passeggiate e alle dotte conservazioni.



Verso est si trova una serie di altri edifici, i più famosi dei quali sono il cosiddetto Stadio e la “Cenatio” estiva, adibita ai banchetti ufficiali. Il gruppo di ambienti che segue comprende le Piccole e le Grandi Terme, il Vestibolo e infine il Canopo. Quest’ultimo è uno dei complessi architettonici più celebri del mondo antico: occupa una stretta valle ed è composto da un “canale” con il lato breve, convesso, ornato da un colonnato con architrave mistilineo. Sui due lati lunghi del bacino correvano altri colonnati, in origine abbelliti da copie di celebri statue greche.
La valle è chiusa dal Serapeo, grande esedra semicircolare coperta da una semicupola a spicchi alternativamente concavi e piani: in realtà un enorme letto triclinare a forma di identifica l’edificio come un’imponente “cenatio” estiva. La sua pianta si ispira a quelle dei templi egiziani e ben si accorda al bacino contiguo: proprio un canale, infatti, univa nell’antichità Alessandria alla città di Canopo, ove si trovava un celebre tempio di Serapide.




Il canale e la città erano noti per le feste e per i banchetti, un’eco dei quali è anche nel famoso mosaico nilotico di Palestina. A Canopo morì annegato Antinoo, il favorito dell’imperatore, che per questo cade nel più profondo confronto. Non è dunque un caso che proprio qui siano state rinvenute le statue più belle del giovane efebo, accanto alle imitazioni delle Cariatidi dell’Eretteo. Molte altre copie di celebri opere sculturee, come la Venere di Cnido, capolavoro di Prassitele, ornavano analogamente i vari settori della villa, rispecchiando il gusto collezionistico dell’imperatore. Proprio la ricchezza di tali reperti, oltre alla facilità con cui si poteva accedere alle rovine, fece si che già durante il Rinascimento Villa Adriana fosse mèta di viaggiatori, studiosi e antiquari; purtroppo, tanta fama condusse alla dispersione nei musei di tutta Europa dell’eccezionale patrimonio artistico raccolto da Adriano. Le spoliazioni proseguirono fino al 1873, quando iniziarono i primi scavi archeologici promossi dal governo.

Fonte: Splendori delle Civiltà perdute



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