lunedì 13 dicembre 2010

Angkor (parte II)


Angkor Wat è il più imponente e il meglio conservato dei templi di Angkor. A pianta rettangolare, esso copre una superficie di quasi 200 ettari ed è circondato da un fossato largo 200 metri. Un ponte lungo 250 metri conduce all’ingresso principale. L’edificio è orientato verso ovest, a differenza di tutti gli altri monumenti del sito, che sono rivolti a oriente; ciò ha generato numerose ipotesi sulla sua funzione. Studi recenti hanno dimostrato che si trattava di un monumento funerario, destinato a contenere le ceneri di Suryavarman II: la direzione degli antichi cortei funebri brahamici era infatti da ovest verso est.


Il tempio, alto 65 metri, consta di una struttura piramidale a tre livelli, sormontata da cinque torri, quattro agli angoli e una al centro, che costituiscono il tratto distintivo della “silhouette” di Angkor Wat.
L’edifico è stato interpretato dagli studiosi come una replica in pietra dell’universo: il complesso centrale rappresenta il mitico monte Meru, situato al centro del cosmo, le cinque torri i suoi picchi; il muro di cinta esterno simboleggia la catena montuosa ai confini della Terra e il fossato circostante gli oceani.


Lungo la cinta muraria più interna del livello inferiore, nella zona del santuario aperta ai fedeli, corrono le celebri gallerie di bassorilievo. Entrando dall’ingresso principale la progressione delle scenne è antioraria. Cosi, la galleria occidentale ritrae la mitica battaglia di Kurukshetra, cantata nel poema epico indiano “Mahabharata”. Quella meridionale è invece nota come galleria storica: non più scene mitiche, ma la parata dell’esercito di Suryavarman II.


I rilievi della galleria orientale illustrano uno dei temi più comuni nell’arte khmer, lo “scuotimento dell’oceano di latte”: dèi e demoni sono intenti a scuotere l’oceano per farne affiorare l’elisir dell’immortalità. I rilievi settentrionali mostrano la vittoria di Krishna su Bana, re dei demoni. Infine, nel tratto della galleria occidentale a sinistra della porta principale, un’altra battaglia tratta dal poema “Ramayana”: la lotta fra Rama e il re demone Ravana, a Lanka.


La città di Angkor Thom, edificata da Jayavarman VII, è situata circa 1,7 chilometri a nord dell’ingresso principale di Angkor Wat e copre una superficie di dieci chilometri quadrati. È circondata da alte mura che formano un quadratao di circa tre chilometri per lato e lungo il perimetro esterno corre un ampio fossato. Ponti fiancheggiati da enormi statue di demoni e dèi conducono alle cinque porte monumentali aperte nella cinta muraria, ciascuna decorata con due enormi volti di pietra.


Al centro della città sorge il tempio Bayon, il più importante monumento  di Angkor dopo Angkor Wat. Compresso in un rettangolo di 140 metri per 160, esso proietta le sue 54 torri verso l’alto come getti scomposti di materia lavica che si solidifano nell’aria. Visto da lontano, per effetto della luce, appare come un ammasso indistinto di blocchi di pietra in perpetuo movimento acsendente. Man mano che ci si avvicina la  sua struttura acquista definizione ed emerge la sua più celebre caratteristica: dalla sommità delle torri 200 immensi volti di pietra guardano i visitatori con un tenue ed enigmatico sorriso.


 È il “sorriso di Angkor”, un lieve increspare di labbra che costituisce il tratto saliente delle sculture di Bayon. Secondo le diverse interpretazioni i volti raffigurano il “bodhisattva” Avalokitesvara o la sua manifestazione terrena, lo stesso Jayavarman VII. Concepito da un grande re e da un fervente religioso, Bayon è allo stesso tempo simbolo della regalità di Jayavarman VII e concepimento della sua visione mistica.


A nord di Bayon si trova la piazza reale, limitata da due starde parallele. A ovest di questa sorgono celebri monumenti, quali il tempio Baphuon, il palazzo reale e il tempio Phimeanakas, la terrazza degli Elefanti e la terrazza del Re Lebbroso.
La piazza reale era destinata alle parate e alle processioni regali, cui si poteva assistere accedendo alle due terrazze. La prima di queste prende nome dagli elefanti a grandezza quasi naturale scolpiti nei bassorilievi che ornano la facciata; la seconda deve il suo appellativo alla presenza della statua che ritrae un personaggio seduto, probabilmente il dio dei morti Yama, ricoperta di licheni che ricordano i segni della lebbra.



Fonte: Meraviglie dell'antichità - Le città perdute

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