lunedì 27 febbraio 2012

Palazzo dei Priori di Perugia – “Nobilissimo e possente”


I nomi con cui il palazzo è indicato sono diversi: palazzo dei Priori, Palazzo comunale o, nel medioevo, Palazzo nuovo del Popolo. Ma non cambia la sua ragion d’essere: è da sempre il centro del potere politico e il simbolo stesso della città, che in esso si riconosce e inorgoglisce.


LA CASA DEL POPOLO PERUGINO – Il Comune di Perugia era già la potenza dominante dell’Umbria – terra nel medioevo particolarmente ricca ma anche inquieta – quando, nel 1293, cominciò, sotto la supervisione di Giacomo di Servadio e Giovannello di Benvenuto, la costruzione di quello che, allora, veniva definito il Palazzo nuovo del Popolo. Esso avrebbe dovuto esprimere con il suo sfarzo, la sua imponenza e la sua bellezza l’importanza e la floridezza della città. Tutti i Comuni d’Italia si auguravano la vittoria, in quella sorta di “gara alla supremazia attraverso l’arte”, ma Perugina era convinta di riuscirci. Non a torto.


I SUCCESSIVI AMPLIAMENTI – Già la costruzione iniziale era notevole. Occupava tutto lo spazio verso la piazza (su cui, dall’altro lato, si ergeva  la cattedrale, altro polo della vita e delle glorie cittadine) e un tratto di quello che è oggi corso Vannucci. Ben presto non bastò per ospitare degnamente le magistrature comunali e quelle che oggi sono definite “le sale di Rappresentanza”.  Si decise cosi di abbattere la vetusta chiesa di San Severo e di comperare varie aree intorno al palazzo in modo da permetterne l’ampliamento. L’operazione venne portata in porto tra il 1331 e il 1353. non bastava ancora: nella prima metà del Quattrocento fu varato un nuovo ampliamento, che diede al palazzo le dimensioni attuali.


L’EPOCA PONTIFICIA – La definitiva sottomissione di Perugina al dominio pontificio, dal Cinquecento in poi, privò parzialmente il palazzo della sua importanza, riducendolo da centro di governo a sede amministrativa. Quasi simbolicamente, in questo periodo, l’edificio perse le sue merlature. Furono anche occluse molte trifore, ripristinate solo nel corso del restauro effettuato nella seconda metà dell’Ottocento.


GIUSTIZIA PESANTE – Una delle vie su cui prospetta il palazzo porta il nome di “via di Gabbia”: ricordo dell’epoca in cui qui era appesa la gabbia di ferro in cui si rinchiudevano, esponendoli al ludibrio della folla, i delinquenti colpevoli dei più efferati delitti. E anche, come in molte città medievali, non solo italiane, i nemici catturati. L’usanza non è certo commendevole; ma accontentava il gusto per i colori “forti” della società medievale.


I SEGNI DELLA VITTORA – Poche cose davano così gusto agli italiani del medioevo ( e, in realtà, anche a quelli di adesso) quanto di dimostrare la supremazia della propria città, e talvolta della propria fazione sugli avversari. Così il trofeo più prezioso del palazzo, messo in bella mostra sulla facciata principale, sono i chiavistelli e le chiavi delle porte di Siena, “confiscati” dai perugini dopo la battaglia di Torrita del 1358 e appesi a una lunga sbarra in metallo. Questo rappresentava il massimo scorno e l’umiliazione della città che sbarrava l’estendersi dell’influenza perugina a occidente del Tevere. Sempre sulla base dello stesso principio la facciata era ornata dal fiero, rapace grifo che è il simbolo del Comune perugino e dal leone simbolo della parte guelfa, cui la città apparteneva. In questi simboli di divisione, in realtà, la città trovava la sua unità.


L’ORGOGLIO DEI MERCANTI – Fanno parte del palazzo dei Priori, di cui occupavano parte del pianterreno, i locali del Collegio della Mercanzia e, benché non ricoprano esattamente la superficie del palazzo, anche quelli del Collegio del Cambio: due realizzazioni in cui si respiravano ancora l’importanza e l’orgoglio che permeavano le classi dominante.


LA SEDE DEI MERCANTI – Era sull’attività dei mercanti che si reggevano in gran parte le fortune delle città medievali italiane; ed essi ne erano ben coscienti, nonché profondamente orgogliosi. I mercanti erano, in realtà, la classe “portante” della comunità. In pochi casi questo è così evidente come a Perugia, dove il Comune concesse, nel 1390, all’Arte dei Mercanti alcune stanze del Palazzo comunale, ed essi si impegnarono a decorarle: ricavandone uno dei più raffinati e significativi ambienti del Quattrocento italiano.



LA “CASA” DEI CAMBIAVALUTE – A metà del XV secolo venne costruita, a ridosso del Palazzo comunale, la sede del Collegio dei Cambiavalute, una delle attività fondamentali della comunità perugina. L’arredo e la decorazione, splendidi e ottimamente conservati, restituiscono in tutta la sua capacità evocativa il “luogo di lavoro” di un Arte importante del Quattrocento. Ne risulta un insieme che riflette al meglio tanta parte della vita italiana del tardo medioevo e del primo Rinascimento.


IL CAPOLAVORO DEL PERUGINO – Ancora miracolosamente intatta è la sala delle Udienze del Cambio, dove i cambiavalute discutevano gli affari dell’Arte e ricevevano i visitatori importanti. Si tratta forse della maggiore e più completa opera del Perugino, che decorò le volte e parte delle pareti. Si presenta oggi come una delle realizzazioni più affascinante e coinvolgenti del tardo Quattrocento e del primo Cinquecento in Italia.


CAMBIA IL GUSTO, NON LA SOSTANZA – Benché opera della prima metà del Quattrocento la sala del Collegio della Mercanzia è una realizzazione ancora di schietto gusto gotico, in cui i corrispondenti fiamminghi dei mercanti perugini potevano trovarsi a loro perfetto agio. Per conto la sala delle Udienze del Cambio, nonostante un indubbio ricordo del passato, è ormai del tutto improntata al nuovo linguaggio rinascimentale, e non solo sul piano pittorico ma anche su quello degli arredi e della concezione generale. Resta inalterato lo spirito delle realizzazioni: piccoli, eleganti, felpati ambienti in cui si prendevano decisioni di enorme importanza economica, ma anche politica.


SENZA FRETTA – Il Collegio del Cambio affidò al Perugino l’incarico di decorare la sala delle Udienze il 26 gennaio 1496. era un lavoro prestigioso, tuttavia il pittore non se ne occupò da subito, o perlomeno non vi pose fisicamente mano. E quando lo fece, lavorò con inaspettata lentezza. Stando ai documenti, pare che le prime pennellate siano state “messe su parete” solo nel 1498 e che un altro ciclo di lavori si sia svolto nel 1500. Solo nel 1507, infine, l’opera poté dirsi conclusa, e il Perugino rilasciò regolare ricevuta del pagamento convenuto, ben 350 ducati d’oro. Ma valeva la pena di aspettare. Splendida, infatti, è la decorazione, in cui l’artista fu probabilmente aiutato dai suoi lavoranti (tra cui, forse, Raffaello), e che realizzò pittorescamente il tema dato dall’umanista Francesco Maturanzio sulla perfettibilità umana. Essa si fonde meravigliosamente con l’arredo – il balcone intagliato dal fiorentino Domenico del Tasso, il banco di Antonio da Mercatello, la ringhiera di Antonio Masi d’Antonio – dando vita a un complesso di rara armonia.


SCRIGNO DELLA PITTURA UMBRA – L’interno del palazzo, con i suoi affreschi, e soprattutto con l’eccezionale raccolta di pitture che costituiscono la Galleria nazionale dell’Umbria, è un esemplare scrigno artistico, che raccoglie alcuni dei maggiori capolavori della pittura italiana medievale e rinascimentale.
Si sale al palazzo attraverso il grande scalone e, al primo piano, si incontra la splendida sala dei Notari (un tempo sala del Popolo). Presenta una magnifica decorazione pittorica, attribuita un tempo a Pietro Cavallini e ora generalmente dei suoi seguaci.
Il nome della sala deriva dalla sua destinazione, a fine Cinquecento, a sede del Collegio dei Notai.
Ornano la sala molti stemmi di capitani del Popolo e podestà (e anche di alcuni signori di Perugia, come Braccio da Montone).
Tra i preziosi dipinti della Galleria nazionale, che occupa il terzo piano del palazzo, ci sono opere di Duccio di Buoninsegna, Gentile da Fabriano, Beato Angelico, Domenico Veneziano, Piero della Francesca, Benozzo Bozzoli, Francesco di Giorgio Martini, Pinturicchio, Perugino, Luca Signorielli, Pietro da Cortona.
Pregevole l’antica cappella dei Priori, con affreschi di Benedetto Bonifigli.


OPERA MIRABILE – Illustrare che “la perfettibilità umana fu raggiunta mercé l’umanarsi di Cristo, e che l’armonia si ottiene fondendo la cultura dell’antichità col sentimento cristiano”. Questo, proposto da Francesco Manturazio, fu il tema assegnato al Perugino, per decorare la sala delle Udienze del Cambio.
Conservate nell’archivio del Collegio della Mercanzia vi sono le Matricole dei Mercanti, cioè i dossier che l’Arte conservava di tutti i suoi praticanti. Sono una serie di documenti, ornati di ricche e pregevoli miniature, dal 1323 al 1599: presentano un quadro vivace e coinvolgente dei personaggi e della vita di una corporazione mercantile di “peso” europeo.
Nella maggior parte dei locali compare il grifo, simbolo di Perugia. L’arte della Lana, addirittura, inalbera il grifone cittadino sopra una balla di lana come stemma dell’Arte stessa.
Notevoli le imposte della porta d’ingresso del Collegio del Cambio, intagliate da Antonio di Mercatello.
Il Perugino svolse il tema affidatogli per la sala delle Udienze del Collegio del Cambio in maniera soddisfacente, mescolando divinità mitologiche antiche, figure di antichi Romani e Greci con personaggi e simboli della religione cristiana.
In uno dei pilastri dell’Udienza il Perugino dipinse il proprio autoritratto, forse del 1500.
La cappella di San Giovanni Battista, a lato della sala, fu affrescata da Giannicolo di Paola tra il 1515 e il 1518.

3 commenti:

maris ha detto...

Ciao cara Ziamame!!
Questo posto bellissimo l'ho ammirato di persona con i miei zii preferiti, che vivono a Spoleto e mi ci hanno portato qualche anno fa, durante una delle mie frequenti visite.
Ti abbraccio e sono contenta di vedere che stai di nuovo poatsndo, mi mancavi con le tue meraviglie dell'architettura!!


PS: credo che in un commento ad un post precedente qualcuna facesse riferimento alle "parole nere" per intendere quegli incomprensibili sgorbi neri che appaiono per confermare il commento "dimostrando di non essere un robot"...se potessi eliminarle sarebbe un sollievo per molti, misa...è snervante ogni volta afforntare la decodifica di quelle paroline!!!

Unknown ha detto...

La terra umbra ci regala tante perle tra cui Perugia. Sono stata in questa città molti anni fa ma ammiro la parte antica che abbraccia le modernità per agevolare i cittadini nella loro quotidianità. Un abbraccio cara.

Brenda ha detto...

Ciao ziamame! Eccomi!!!

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