sabato 24 settembre 2011

El Escorial – Il “bocciolo” del Barocco


Se Versailles è il fiore nel pieno del suo splendore, l’Escorial, in Spagna, può essere definito come il “bocciolo” del Barocco. Si tratta infatti di eccellente esempio di architettura proto barocca, il risultato di una magnifica combinazione tra architettura religiosa e secolare che mostra in modo eloquente lo stretto legame tra monarchia e chiesa nella Spagna del XVI secolo.

In segno di gratitudine per la vittoria sui Francesi nel giorno di San Lorenzo del 1557, il religiosissimo re di Spagna Filippo II fece edificare “El Real Monasterio de San Lorenzo de El Escorial”, a circa 50 chilometri in direzione sud da Madrid. Dopo aver scelto accuratamente il sito sulle pendici dei monti Guadarrama, si occupò personalmente dei lavori che durarono dal 1572 al 1587. Il progetto venne affidato a Juan Bautista Toledo e all’italiano Giambattista Castello (che aveva lavorato con Michelangelo a San Pietro). Juan Herrera rilevò poi l’incarico dopo la morte di Toledo, dando ulteriore sviluppo al sobrio stile dell’Escorial. Ulteriori interventi, voluti dai successori di Filippo II, proseguirono fino al 1654. Tra i numerosi artisti italiani e spagnoli che parteciparono alle decorazioni degli spazi interni, si ricordano Pellegrino Tibaldi, Federico Zuccari, Claudio Coello, Leone e Pompeo Leoni, Tiziano e El Greco.

Monumento del re a se stesso, all’idea di monarchia e allo spirito della cattolicità spagnola, è stato ed è considerato da molti spagnoli l’ottava meraviglia del mondo. Valutazioni di carattere estetico a parte, l’Escorial resta, con la sua cupa severità, lo scarso rapporto con la natura circostante e l’evidente simbolismo della pianta, tracciata a richiamare la graticola sulla quale fu martirizzato San Lorenzo, una preziosa chiave di lettura della figura del suo ispiratore, Filippo II, e uno tra i “luoghi santi” dell’identità spagnola.

STRUTTURA DELL’EDIFICIO – L’imponente massa di granito grigio e ardesia blu del complesso è a pianta rettangolare, con quattro torrioni angolari. Al centro sta una chiesa a croce greca che è unita alla cappella reale, a sua volta comunicante con l’insieme dei padiglioni che costituiscono un tutto separato dall’edificio.

Non meno impressionanti rispetto alla vista del monastero appaiono le sue cifre: 2000 stanze, 2600 finestre, oltre 1200 porte, 86 scaloni, 16 cortili, 15 chiostri, 88 fontane. L’entrata per la visita avviene attraverso il claustro o galeria de los Coches, da cui si sale alla Sala de las Batallas, una lunga galleria dalla volta decorata in stile pompeiano con due immensi affreschi del genovese Nicola Granello e di Fabrizio Castello, raffiguranti le battaglie di Higueruela (1431) e di San Quintino (1557).

NUEVOS MUSEOS – Tra i due musei, il primo e più celebrato è il Museo de Pintura nel palacio de Verano (palazzo d’estate), ricchissima pinacoteca di opere a soggetto religioso dei più grandi artisti seicenteschi e settecenteschi, dalla scuola veneta (la Natività di Tintoretto, la Deposizione del Veronese e l’Addolorata di Tiziano) ai fiamminghi (la Crocifissione di Roger van der Weyen, passando poi a Van Dyck e Rubens) e agli spagnoli. Al piano inferiore, il Museo de Arquitectura ripercorre le fasi di costruzione dell’Escorial e custodisce un capolavoro : il Martirio di S. Maurizio, che Filippo II commissionò a El Greco per poi rifiutarlo. Il motivo di questa decisione risiede, con ogni probabilità, nel fatto che la vivacità compositiva e l’uso dei colori arditi rispetto alla pittura del tempo contrastavano con il gusto classico-rinascimentale dell’austero sovrano. Oggi il dipinto, che segna il distacco definitivo del maestro cretenese dall’utopia rinascimentale, è considerato uno dei suoi massimi capolavori.

PALACIO – Specchio del gusto spartano di Filippo II, il palacio de los Austrias ha arredi molto sobri, che contrastano con il lusso degli appartamenti dei sovrani della dinastia Borbone, situata al terzo piano. Si inizia con il cuarto de la Infanta Clara Eugenia, progettato in realtà per la quarta moglie di Filippo II, Anna d’Austria. Segue il salòn de Embajadores, con una raccolta di vedute di palazzi di proprietà della Casa d’Ausburgo, quindi si attraversa la galeria de Paseos, dove si possono ammirare le carte geografiche dell’impero spagnolo al tempo della sua massima espansione (XVI secolo) e i quadri delle più importanti battaglie vinte da Filippo II. Infine, la sala de Retratos, con i ritratti della famiglia reale, e il cuarto de Felìpe II, dove il sovrano morì il 13 settembre 1598.

PANTEÒNES – Dallo scalone a lato della basilica si scende al cupo Panteòn de los Reyes, iniziato nel 1617 e concluso nel 1654. La sala a pianta ottagonale, accoglie i sarcofagi in marmo nero di tutti re di Spagna da Carlo V in poi, eccetto Filippo IV, Ferdinando VI e Amedeo di Savoia, nonché quelli delle regine madri.


Il più moderno Panteòn de los Infantes, terminato nel 1888, consiste in una lunga serie di cappelle semplici e severe che racchiudono le tombe dei bambini reali, delle regine i cui figli non ebbero accesso al trono e di altri principi, come don Giovanni d’Austria, figlio naturale di Carlo V e vincitore a Lepanto e don Carlos, primogenito di Filippo II.

SALAS CAPITULARES – Le due sale per le sedute del Capitolo, con i soffitti decorati da grottesche e affreschi di scuola genovese, raccolgono quadri di maestri spagnoli e italiani: spiccano la serie di Santi e il Sogno di Filippo II di El Greco, la tunica di Giuseppe di Diego Velàzquez, diversi Tiziano (S. Girolamo, Ecce homo, Ultima Cena), quindi Tintoretto e Veronese (Gesù nel Limbo).

PATIO DE LOS EVANGELISTAS - È il chiostro principale, così chiamato perché il tempietto ottagonale di Juan de Herrera è ornato dalle statue degli evangelisti. Le gallerie del chiostro sono arricchite dal lungo ciclo (46 affreschi) della Storia della Salvazione di Pellegrino Tibaldi. Dal lato ovest sale un grande scalone, ornato dalla spettacolare Gloria della mOnarchia spagnola di Luca Giordano.

SACRISTIA – L’antisacristia, impreziosita da una fontana, precede l’ingresso nel vasto salone della sacrestia, le cui ricche volte furono affrescate da Nicola Granello e Fabrizio Castello. Accanto ai cimeli liturgici lungo le pareti laterali, spicca, su quella di fondo, il grande dipinto della Sagrada Forma di Claudio Coello, con la rappresentazione in prospettiva della sacrestia stessa. La tribuna della chiesa contiene preziosi stalli, tra cui spicca quello di Filippo II. Nel Camarin si può ammirare la biblioteca del coro, con 218 giganteschi antifonari miniati del XVI secolo.

BASILICA – Concepita da Juan de Herrera facendo largo uso d’elementi tipici dell’esperienza rinascimentale italiana, la basilica impone la propria massa al patio de los Reyes. La facciata è organizzata intorno a pochi elementi: le colonne doriche che inquadrano archi e finestre, le sei statue dei Re di Giuda nel secondo corpo e il semplice timpano a coronamento. L’insieme è così massiccio da assorbire le due torri laterali, che paiono assai meno alte dei loro 72 m. Su tutto incombe la cupola (m 95) della crociera, altro elemento ben noto all’architettura italiana.



Superata l’unica novità compositiva (la volta piatta del coro bajo), si entra nell’interno a croce greca, in omaggio alla Basilica di San Pietro a Roma, dove la cupola centrale poggia su quattro enormi pilastri. Lungo le pareti sono disposti 44 altari, sovrastati da pale barocche di scuola italiana e spegnola. Nella prima cappella a sinistra è situato un Crocifisso in marmo bianco di Benvenuto Cellini (1562). Nella ricca capilla Mayor, autentico trionfo di diaspro, marmo, onice e bronzo, si staglia il gigantesco retablo (m 30) disegnato da Juan de Herrera, che include quattro statue di santi li Leone e Pompeo Leoni. A loro si devono anche i due gruppi bronzei ai lati dell’altare, disposti su due tribune che raffigurano rispettivamente Filippo II e Carlo V, inginocchiati, con la propria famiglia.

BIBLIOTECA – Questa lunga galleria è la realizzazione di un sogno di Filippo II: riunire tutto il sapere della sua epoca in un unico ambiente, decorato alle pareti da affreschi di Vincente Carducho e di Pellegrino Tibaldi nelle volte, con ritratti di re e uomini illustri. Il nucleo di base (10 000 volumi), donato da Filippo II, comprende opere di straordinaria importanza, tra codici (quello di Beatus risale al X o all’XI secolo), libri di Carlo V e autografi di santa Teresa d’Àvila. Il patrimonio librario, che oggi consta di 40 000 volumi consultabili pubblicamente, soffrì gravi danni dall’incendio del 1671 e durante l’invasione napoleonica.  

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