lunedì 27 dicembre 2010

Karlstejn – Gioielli della Corona e reliquie


L’imperatore Carlo IV venerava reliquie dei martiri cristiani e i gioielli della Corona dei re tedeschi e boemi. Non c’è da stupirsi se, nel 1348, pose la prima pietra di una grande rocca, progettata per custodirli, cui diede il suo nome: Karlstein, “rocca di Carlo”.


L’IDEA IMPERIALE DI CARLO IV – Carlo IV era, inizialmente, re di Boemia, con il nome di Venceslao. Nel 1346 i principi elettori di Germania lo elessero come loro nuovo sovrano, in contrapposizione al regnante precedente, Ludovico di Baviera, ancora in vita. Da quel momento Venceslao si fece chiamare Carlo e si prefisse il ristabilimento dell’antico impero di Carlo Magno come scopo della propria azione di governo, facendo perno sui suoi domini boemi. Sembrò realizzare le sue aspirazioni quando, nel 1355, divenne sacro impero romano imperatore e, dieci anni più tardi, ottenne il titolo di re di Borgogna.
Tra i suoi meriti, l’aver dato, con la Bolla d’Oro del 1356, una solida struttura al Sacro Romano Impero e, sul piano culturale, la fondazione dell’università di Praga, nel 1340.


UN CASTELLO – CASSAFORTE – Per costruire il castello di Karlstejn ci vollero nove anni. Finalmente nel 1357 venne consacrata, nella Torre grande, la “cappella della Santa Croce”, in cui erano custoditi, oltre a varie reliquie, i gioielli imperiali (oggi esposti nella camera del Tesoro della Hofburg a Vienna) e le insegne della incoronazione (conservate attualmente nel castello di Praga). Poiché alla sorveglianza del tesoro erano addetti alcuni monaci, nessuna donna poteva pernottare tra le mura del castello, fatta l’eccezione per l’imperatrice, cui erano conservati gli appartamenti del terzo piano del Palazzo imperiale.
Karlstejn imponeva soggezione, e nel corso della sua esistenza fu assalito solo due volte: nel 1422 dai protestanti di fede ussita, che dopo sette mesi di assedio dovettero rinunciare al tentativo di conquista, e nel 1648, durante la guerra dei Trent’Anni, dagli svedesi, che causarono al complesso gravi danni. Dal 1887 al 1889 il castello venne ristrutturato e ripristinato nell’originale stile gotico, alterato dalle modifiche del 1587 – 1597.


IL PALAZZO IMPERIALE E LA TORRE DI SANTA MARIA – Il complesso, che occupa tutto il pendio di un’alta collina, è notevolmente articolato. Il suo centro è il “Palazzo imperiale”, in cui si trovavano le stanze di lavoro e del sovrano e dove l’imperatore si era fatto costruire anche una piccola cappella privata, in cui andava a pregare il mattino e la sera. Tramite un ponte di legno si raggiunge la “Torre di Santa Maria”. Alla Madonna è consacrata anche la chiesa del castello, con affreschi alle pareti che illustrano fra l’altro l’Apocalisse (la lettura preferita dell’imperatore era infatti l’Apocalisse di San Giovanni) nonché una scena in cui Carlo IV riceve dall’erede francese al trono alcune spine della corona di Cristo. L’imperatore passava anche molte notti in meditazione nella “cappella di Santa Caterina”, dove nessuno lo poteva disturbare, se non per passargli alcune bevande attraverso una piccola apertura nel pavimento.


IL CULTO DELLE RELIQUIE NEL MEDIOEVO – Nell’Europa medievale era assai diffuso il culto delle reliquie: ossa dei santi, presunti chiodi dell’Arca di Noe, spine della Vera Croce e altre simili testimonianze erano venerate e ritenute miracolose, tanto che comunità, sovrani e nobili ne facevano incetta.
Carlo IV, per esempio, possedeva un pezzo del bastone con cui Mosè avrebbe diviso le acque del Mar Rosso, il frammento di un chiodo con cui sarebbe stato crocifisso Gesù Cristo, l’osso di un dito attribuito a San Giovanni Battista. Ma l’imperatore andava soprattutto orgoglioso di un regalo ricevuto dall’erede al trono di Francia, il futuro re Carlo V il Saggio: due spine della corona portata dal Salvatore.
Una volta all’anno le reliquie venivano mostrate al popolo e pubblicamente venerate davanti al castello di Karlstejn. Per il resto del tempo erano custodite nella cappella della Santa Croce all’interno della Torre grande, dietro mura spesse 6 m, una cancellata d’oro e altre porte con 19 serrature. La cappella era decorata con dipinti del maestro Theoderich di Praga, nelle cui cornici si trovavano incastonate altre reliquie. I quadri raffiguravano le schiere celesti degli apostoli, dei santi e dei Padri della Chiesa, che in un certo senso facevano da “guardie” del tesoro. L’imperatore passava ore in preghiera davanti all’immagine della Crocifissione.


IL CULMINE DI UNA TRADIZIONE – Karlstejn è uno splendido esempio di complesso fortificato in pendio, un tipo di fortificazione abbastanza diffuso anche in Italia. Tali sono per esempio i castelli di Soave e di Marostica, in Veneto, e quello di San Pio delle Camere, in Abruzzo. L’alto della collina è presidiato da un poderoso mastio (la Torre grande), da cui scendono due “briglie”, cioè due cortine merlate, che raggiungono il complesso imperiale a metà collina e proseguono poi verso le fortificazioni più a valle, destinate a sopportare l’urto del nemico. È una struttura non solo valida militarmente, ma anche molto scenografica.


COMMEDIA A PALAZZO – Il divieto per le donne di pernottare nel castello ispirò al drammaturgo ceco Jaroslaw Vrchlicky ((1853 – 1912) la commedia “Una notte a Karlstejn”, in cui l’imperatrice si traveste da un uomo per entrare di soppiatto nella fortezza e controllare così la fedeltà coniugale del marito. Ancora oggi, nei mesi estivi, la vicenda viene messa in scena nel piazzale antistante al castello.
Gli accessi al castello, secondo l’usanza medievale, sono attentamente compartimentali. Una prima porta munita di ponte levatoio consente l’accesso alla rocca inferiore, una seconda immette nella residenza dei governatori del castello, e così di seguito fino all’estremità occidentale, dove si innalza la massiccia torre che proteggeva il pozzo, profondo 90 m.
Nel Palazzo imperiale merita una visita soprattutto il terzo piano, riservato all’imperatrice, dove si può vedere la sala di rappresentanza, con elegante soffitto a cassettoni e una “Madonna con Bambino” di Tommaso da Modena (1370).

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