“Animula vagula, blandula, hospes comesque corporis; quae nunc abibis in loca pallidula, rigida, nudula nec, ut soles dabis iocos” (Piccola anima mia, vagabonda e leggiadra, ospite e compagna del corpo, ora andrai in luoghi diafani, freddi e spogli, né più scherzerai come sei solita).
Questi malinconici versi – i soli pervenutici di un’opera alquanto vasta – ci parlano di un uomo dall’animo inquieto e romantico, di versatile ingegno e raffinato cultore della civiltà greca, oltre che figura di primo piano nella letteratura del suo tempo. Tuttavia, non si tratta di un poeta se non per diletto, poiché responsabilità ben più grandi che comporre rime gravavano sulle sue spalle: l’uomo di cui parliamo era Adriano, imperatore romano e tra le massime personalità di tutti tempi. Nato nel 76 d. C. a Italica, in Spagna, ancor giovane rivesti alte cariche pubbliche grazie alle sue doti di carattere e di valore militare; adottato come successore da Traiano, colui che aveva portato i confini di Roma alla loro massima espansione, fu acclamato imperatore nel 117, mentre ricopriva la carica di governatore della Siria. Tornato a Roma, inizio con spirito instancabile un complesso programma di consolidamento del sistema politico e militare dell’impero: a questo scopo, a partire dal 121 si recò di persona in Germania, in Galia, in Britannia – dove fece costruire il famoso Vallo -, in Spagna, in Africa e infine in Oriente. Nel 134 era nuovamente a Roma e da quel momento in poi si dedico al riordinamento amministrativo dell’Italia e alla riorganizzazione delle province. La morte lo colse nel 138, mentre si trovava a Baia, ma ci piace pensare che quei versi divenuti famosi, dedicati alla propria anima in attesa dell’attimo supremo, siano stati composti a Tivoli, nel luogo che l’imperatore amava sopra ogni altro e dove trovava rifugio dalle ansie del principato.
L’antica “Tibur”, città fondata dai latini a sudest di Roma, presso le cascate dell’Aniene, in età augustea era divenuta una delle località di villeggiatura più alla moda per i ricchi romani, una sorta di Saint-Moritz dell’epoca: qui soggiornarono Cassio, Mecenate, Orazio, Quintilio Varo, Catullo, Sallustio, Augusto e, naturalmente Adriano. Oltre all’amenità dei luoghi, notevoli attrattive per i villeggianti erano costituite dal celebre Santuario di Ercole, dall’Oracolo della Sibilla e dalle terme di acque sulfuree situate nella pianura sottostante. Oggi, Tivoli è celebre soprattutto per la grandiosa Villa Adriana, ubicata in un ampio pianoro alle pendici dei monti Tiburtini, a sud-ovest dell’abitato.
L’insieme di edifici, che occupa un’area di circa 120 ettari e costituisce uno dei parchi archeologichi più suggestivi d’Italia, fu eretto sul sito occupato precedentemente da una villa d’età repubblicana e si inserisce nell’ambiente circostante senza forzature, apparentemente in maniera spontanea, ma di fatto secondo una precisa volontà progettuale, tanto che B. Cunliffe lo ha definito “uno studiato paesaggio architettonico”. La costruzione dell’enorme complesso, iniziata nel 118, durò oltre dieci anni, ossia il periodo in cui Adriano ispezionò le diverse province dell’impero: proprio di quei viaggi la villa volle in un certo senso essere un’antologia di ricordi, oltre che la simbolica rappresentazione dell’immenso territorio la cui unificazione era stata così tenacemente perseguita dall’imperatore.
Rifacendosi a una moda già in uso in età repubblicana, Adriano, particolarmente sensibile a ogni forma d’arte e amante della tradizione ellenistica, nella sua residenza si ispirò infatti a modelli celebri, imitando liberamente i luoghi e i monumenti che maggiormente gli erano rimasti impressi nell’animo; assai caratteristica è dunque l’insolita varietà delle strutture che affiancano la parte residenziale vera e propria, costituendo un caso unico nell’architettura romana. All’inizio i lavori si limitarono alla ricostruzione e all’ampiamento degli edifici già preesistenti, cui furono aggiunti un impianto termale, un ginnasio e una sala per i banchetti ufficiali. Tutto il resto – comprendente magazzini, portici, piscine e perfino un teatro – venne messo in opera via via che il luogo andava acquistando la sua definitiva dimensione monumentale, che poté dirsi compiuta solo nel 133.
Nessun commento:
Posta un commento