Nel Quattrocento, quando i milanesi cedettero ai veneziani i territori bresciani e bergamaschi, il piccolo centro di Soncino, sulla linea dell’Oglio, divenne il caposaldo più avanzato di Milano. Gli Sforza costruirono allora la celebre rocca, che doveva diventare quasi il simbolo dell’architettura militare sforzesca.
VENTI DI GUERRA CON VENEZIA – Rispetto alle forze della repubblica di Venezia il ducato di Milano era in netta inferiorità. Gli Sforza cercarono allora di riequilibrare la situazione, esattamente come si fa oggi, ricorrendo alla tecnologia. Nel caso specifico, crearono fortificazioni d’avanguardia che potessero fungere da temibile deterrente per le mire espansionistiche veneziane. Soncino è il prototipo di questo nuovo tipo di edificio militare: una costruzione che incorpora una serie di accorgimenti tali da renderla formidabile, nonostante le sue relativamente piccole dimensioni.
SCUOLA DI GUERRA – Verso il 1460 Francesco Sforza ampliò le difese del borgo. Alla nuova rocca, fatta costruire tra il 1473 e il 1475 da Galeazzo Maria Sforza, lavoravano alcuni tra gli architetti militari più importanti del periodo, come Serafino Gavazzi, Bartolomeo Gadio, Danesio Manieri. Essa fu in un certo senso l’università degli architetti militari del ducato di Milano, una vera e propria “scuola di guerra” che creo le basi per una delle scuole fortificatorie più note e creative del Quattrocento italiano.
UN PO’ DI TERMINOLOGIA … - Quando si sente parlare di “beccatelli” si resta piuttosto sorpresi, perché non è certo un termine comune. Esso però è frequentissimo nel campo dell’architettura fortificata: indica le mensole (di pietra o di mattoni) che fanno sporgere a sbalzo il cammino di ronda, cioè il percorso difensivo sulla parte alta del castello, verso l’esterno. Tra un beccatello e l’altro si aprono delle buche, dette “caditoie”, attraverso le quali si facevano cadere sull’assalitore pietre, sabbia rovente, proiettili di vario genere. L’insieme di beccatelli e caditoie, con il giro di ronda che sostenevano, prendeva il nome di “apparato a sporgere” e, fino a quando comparvero le armi da fuoco, era il sistema di difesa più efficace contro gli assalti nemici a una fortificazione.
IL CAPOLAVORO DELL’ARTE MILITARE SFORZESCA – All’apparenza, la rocca di Soncino si differenzia pochissimo da un castello tradizionale, se non per le sue proporzioni. Raccolta e compatta, ha infatti un’altezza relativamente bassa e murature spesse. In realtà è frutto di un sistematico ripensamento dell’architettura militare consolidata, che ha portato a riprogettare quasi ogni aspetto dell’edificio. Così, per esempio, il cammino di ronda sulla sommità del castello non è interrotto, com’era tradizione, ma fa un giro continuo, passando sotto le torri mediante ampi arconi a tutto sesto: la guarnigione poteva in questo modo correre da un punto all’altro della rocca senza fatica, e il capitano, sistemato nell’unica torre non aperta da arconi, controllava con un unico sguardo tutto lo schieramento difensivo.
Inoltre, la torre verso la campagna, più esposta, presenta un doppio giro di beccatelli e caditoie ed è anche l’unica rotonda: ciò consentiva una difesa concentrata sull’angolo più esposto. Ancora: la mancanza di ogni struttura residenziale (la rocca era prevista per ospitare solo la guarnigione) riduceva di molto la vulnerabilità del complesso. Soncino era insomma quanto di più perfezionato si potesse avere all’epoca rimanendo nel campo dell’architettura militare convenzionale. Per andare più in là occorreva un completo capovolgimento di concezione, effettuato dai teorici della generazione successiva.
CAPOLAVORO DIFENSIVO – la rocca di Soncino rappresenta al meglio la concezione difensiva della dinastia sforzeca, basata sul tentativo di riammodernare i vecchi castelli, adattandoli alle necessità dell’epoca.
La rocca è difesa da quattro “torri d’angolo”, tre tozze e quadrate, una più snella, circolare, dall’inconsueta sagoma a doppio sporto. Un fossato acqueo tutt’intorno alla cinta di mura rappresentava un ulteriore, non facile, ostacolo per eventuali assalitori.
La torre di nord – ovest, la “capitana” della rocca, ospitava l’alloggio del capitano della guarnigione. Era l’unica chiusa del complesso, e vi si poteva accedere solo attraverso ponti levatoi. In caso di caduta delle difese esterne, poteva fungere da estremo baluardo difensivo.
Oggi la torre nordoccidentale ospita un piccolo museo dove sono esposti anche reperti storici di origine celtica e romana nonché ceramiche medievali. In generale si può affermare che la rocca di Soncino funge (ottimamente) da museo di se stessa, come eccellente illustrazione dell’architettura militare del XV secolo sotto gli Sforza.
3 commenti:
Brava come sempre.
Grazie per la foto di Nefertiti, anche se la conoscevo già... in effetti è lei!
A presto Federica
...traigo
sangre
de
la
tarde
herida
en
la
mano
y
una
vela
de
mi
corazón
para
invitarte
y
darte
este
alma
que
viene
para
compartir
contigo
tu
bello
blog
con
un
ramillete
de
oro
y
claveles
dentro...
desde mis
HORAS ROTAS
Y AULA DE PAZ
COMPARTIENDO ILUSION
DA ZIAMAME
CON saludos de la luna al
reflejarse en el mar de la
poesía...
ESPERO SEAN DE VUESTRO AGRADO EL POST POETIZADO DE MONOCULO NOMBRE DE LA ROSA, ALBATROS GLADIATOR, ACEBO CUMBRES BORRASCOSAS, ENEMIGO A LAS PUERTAS, CACHORRO, FANTASMA DE LA OPERA, BLADE RUUNER ,CHOCOLATE Y CREPUSCULO 1 Y2.
José
Ramón...
Volevo ringraziarti per l'esauriente post sulla rocca di Soncino...essendo soncinese a tutti gli effetti ho scoperto nuove nozioni sulla storia del mio paese e del suo castello ! Se non ti spiace ho postato il link di questo post nel mio blog . Complimenti per il lavoro svolto! Saluti da Soncino !!!
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