Le ragioni del declino di Pagan rimangono tuttora controverse: secondo la storiografia ufficiale birmana sarebbero state le devastazioni dei Tartari a indebolire l’impero, mentre altre fonti sembrano alludere a germi di decadenza già presenti negli ultimi anni del regno.
Thathbyinnyu
Sta di fatto che, dalla fine del XIII secolo, la crescita della città si arrestò improvvisamente e moltissimi templi furono demoliti per far posto a fortificazioni, mentre altri vennero saccheggiati. Ridotta drasticamente la popolazione, Pagan divenne per i successivi tre secoli una città fantasma, terreno di scorribande di ladri e profanatori di templi.
Htilominlo Pahto
Simile al precedente, ma molto più massiccio, è il Dhamayangyi Pahto, attribuito al re Narathu (1167 – 1170). Questo tempio racchiude un mistero architettonico tuttora irrisolto. Uno dei due ambulacri situati nella parte centrale della struttura è interamente occupato da detriti che nascondono in parte alla vista gli stucchi e gli affreschi che lo decorano. Secondo la leggenda ciò si deve agli scavi impiegati nella costruzione del tempio che, per vendicarsi delle angherie subite da parte del re durante i lavori, colmarono il corridoio interno con frammenti di mattone.
I tempi Pathothamya, Apeyadana e Gubyaukgyi offrono un ottimo esempio dello stile degli edifici di piccole dimensioni in voga nel periodo precedente alle grandi innovazioni architettoniche del XII secolo.
Gawdawpalin Pahto
Lo Shwegugy e il Thatbyinnyu, entrambi voluti da Alaungsithu (1113 – 1163), rappresentano un’innovazione architettonica rispetto ai precedenti, segnalando il passaggio da una struttura massiccia e buia, a una più ariosa e meglio illuminata. Questi due “pahto” costituiscono un classico esempio di architettura del periodo medio di Pagan.
Buddha giacente
Il re mon Manhua, nei lunghi anni trascorsi a Pagan come ostaggio, ottenne il permesso di costruire il tempio Manhua Paya nel 1059. di dimensioni relativamente piccole, esso contiene tre grandi immagini di Buddha seduto e un enorme Buddha sdraiato. L’evidente sproporzione fra le dimensioni delle statue e lo spazio che le contiene conferisce all’interno un senso di costrizione e soffocamento che dovrebbero, almeno secondo la leggenda, riflettere lo stato d’animo del re in cattività. L’unica nota di serenità è data dal sorriso del Buddha giacente, nell’atto di entrare nel “nirvana”: solo la rinucia alle cose terrene avrebbe infatti liberato il re dalla prigione di Pagan.
Testo di Marco Ceresa
Fonte: "Le città perdute"
2 commenti:
Che costruzioni bellissime! Nell'insieme formano delle vedute davvero suggestive.
Sono notizie di scarsa diffusione. Mi hai colmato una grave lacuna. E belle, molto belle, le fotografie.
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