La città di Ayutthaya, situata a circa 86 chilometri da Bangkok, fu la capitale del regno omonimo dal 1350 al 1767. per 417 anni questo dominio costituì la principale potenza nel bacino del fiume Chao Phraya. Al tempo del suo massimo splendore Ayutthaya contava più di un milione di abitanti ed era considerata una delle città più ricche e sfarzose di tutta l’Asia, al cui confronto, secondo le testimonianze degli ambasciatori stranieri del XVII secolo, Londra e Parigi non erano che piccoli villaggi.
La zona, attualmente diventata un parco archeologico, è entrata a far parte del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO il 13 dicembre del 1991.
Il nome Ayutthaya deriva dal sanscrito “Ayodhya” (‘l’invincibile’), città natale del dio Rama, protagonista del poema epico indiano “Ramayana”. Sebbene esistesse un insediamento in quell’area già da prima del 1350, il ruolo primario di Ayutthaya nella storia thai fu definito quando un’epidemia di colera costrinse Phya U-Thong, principe di U-Thong (l’odierna Suphan Buri) a evacuare la popolazione verso una più salubre località. La scelta del nuovo insediamento cadde sul sito dell’attuale Ayutthaya, che presentava innumerevoli vantaggi dal punto di vista strategico e commerciale. La città sorge, infatti, su un’isola alla confluenza dei tre fiumi Lopburi, Pa Sak e Chao Phraya, una posizione eccellente per i trasporti e gli scambi. Inoltre le risaie nelle immediate vicinanze fornivano una primaria fonte di sostentamento per la popolazione, oltre a costituire, nella stagione delle piogge, una barriera che rendeva la città virtualmente inespugnabile. Nel 1350 Phya Uthong si insediò ufficialmente nella nuova capitale, dando così l’inizio al regno di Ayutthaya, destinato a vedere succedersi al trono 33 sovrani, prima della sua distruzione per mano dei Birmani.
Il commercio fluviale e marittimo fece ben presto di questo centro uno dei più ricchi empori di tutto il sud – est asiatico e attirò insediamenti stranieri. I primi ad arrivare furono gli asiatici, Cinesi, Giapponesi e Persiani, cui seguirono i Portoghesi, giunti nella capitale nel 1511. ad essi si unirono gli Spagnoli verso la fine del XVI secolo e quindi, agli inizi del XVII, gli Olandesi e gli Inglesi della Compagnia delle Indie Orientali.
Il regno del re Narai (1656 – 1688), il più cosmopolita di tutti i sovrani di Ayutthaya, vide l’arrivo dei Francesi, dapprima mercanti e missionari, in seguito diplomatici inviati dalla corte di Luigi XIV. Vani furono gli sforzi prodotti per convertire il re al cristianesimo e per stabilire un avamposto militare in Thailandia con il pretesto di proteggerla dalle mire espansionistiche dell’Inghilterra e dell’Olanda. A tale scopo furono aiutati da Costantino Phaulkon, un avventuriero greco divenuto il braccio destro di re Narai.
L’influenza sul sovrano e la parzialità nei confronti della causa francese, tuttavia, lo resero inviso ai nobili di corte. Uno di questi, Phra Phetracha, comandante del reggimento degli elefanti reali, cavalcando un’ondata di sentimenti antifrancesi e anticristiani fra i nobili, approfittò di una grave malattia di Narai per mettere a morte Phaulkon e impadronirsi del trono nel 1688. con l’avvento di Phetracha e l’espulsione dei Francesi i contatti di Ayutthaya con le nazioni occidentali diminuirono drasticamente.
Nel 1569 il re birmano Bayinnaung espugnò la città, dando inizio a un decennio di dominazione birmana. Ayutthaya riconquistò l’indipendenza dopo la battaglia di Nong Sarai (1592) ma, dopo circa un secolo di relativa tranquillità, i Birmani ripresero le ostilità. Nell’aprile del 1767, dopo un lungo assedio, le truppe birmane saccheggiarono e incendiarono la capitale, mettendo così fine a uno dei periodi culturalmente e artisticamente più ricchi di tutta la storia thai.
Attualmente poco rimane della magnificenza della città descritta dai visitatori stranieri nel XVII secolo. Il vecchio palazzo reale fu distrutto quasi completamente dall’incendio appiccato dai Birmani e del complesso sopravvive solo il Wat Phra Si Sanphet, con tre grandi “chedi” (stupa) eretti nel XV secolo per accogliere le ceneri reali.
La devastazione birmana ha interessato anche il Wat Phra Mahathat, uno dei pempli più antichi e celebri della città costruito durante il regno di Ramesuan nel 1384, di cui rimane solo una torre “prang” di impressionanti proporzioni. Di fronte a questo edificio si trovano i due “chedi” del Wat Ratchabrana, voluto dal re Borom Rachathirat II (1424 – 1448) per commemorare la morte dei suoi due fratelli, periti in un combattimento a dorso d’elefante svoltosi nel luogo stesso in cui sorge la struttura.
L’unico dei templi più importanti a essersi salvato dalla furia dei Birmani è il Wat Na Phra Men (o Wat Phra Meru), la cui datazione rimane incerta. Esso si preservò dalla distruzione grazie alla posizione privilegiata di cui godeva, proprio di fronte al vecchio palazzo reale, da cui lo separava solo un canale. Per questa ragione fu scelto dal re birmano Chao Along Phaya per piazzare l’artiglieria e di qui far fuoco sul palazzo. Un cannone, però, esplose inaspettatamente, ferendo a morte il sovrano e ponendo così fine alla distruzione della città.
1 commento:
Grazie, molto interessante
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