Severo e rigoroso nella sua esasperata geometria, il castello costruito a Catania nella prima metà del Duecento dall’imperatore Federico II di Svevia è un possente bastione che esprime con chiarezza la volontà di dominio del suo costruttore
STRUMENTO MILITARE E POLITICO – Tra i domini dell’imperatore Federico II, la Sicilia era uno dei territori più importanti, oltre che intellettualmente più vivaci, con una cultura in cui si mescolavano infusi bizantini, arabi, normanni. È perciò ovvio che venisse pesatamente fortificata. Il sovrano vi eresse, infatti, alcuni tra i maggiori, e migliori, esempi dell’imponente catena di fortificazioni che, dalle spiagge siciliane risalendo lungo gran parte dell’Italia, dovevano rendere visibile e rafforzare il suo potere. Il complesso catanese ne è un’eccellente testimonianza: poderoso, intimidente, adatto a reggere assalti e assedi e un raffinato strumento politico e anche culturale, che ‘proiettava’ la forza e la cultura imperiale su tutta la Sicilia orientale.
LA GEOMETRIA DELLA FORZA – L’impianto del Castello Ursino, come quello di tutte le principali fortificazioni erette del grande imperatore svevo, da Castel del Monte a Prato, è spiccatamente, quasi ossessivamente geometrico, secondo schemi che venivano forse dall’Oriente, bizantino o arabo. Una geometria ricorrente, probabilmente non priva di significati esoterici, che esprimeva con chiarezza cristallina il significato dato da Federico all’impero: apportare e garante di ordine, evidenza, logica, diritto contro la confusione, la frammentazione, l’arbitrio del mondo esterno. Si tratta di un quadrato costruito da quattro corpi di fabbrica perfettamente simmetrici, scompartiti in moduli anch’essi quadrati, con torri angolari tonde e quattro torri rompitratta minori (di cui ne restano solo due), ad andamento semicircolare. Una costruzione massiccia, tutta esecutiva, ben superiore alla norma delle fortificazioni italiane dell’epoca.
DALLA RIVA DEL MARE AL CENTRO DELLA CITTA’ – Negli anni Quaranta del Duecento, quando venne costruito, su progetto (o con la supervisione) di Riccardo da Lentini, le mura si erigevano sulla riva del mare, a controllo del porto cittadino. Ma i disastrosi eventi del XVII secolo cambiarono completamente la situazione. Nel corso dell’eruzione del 1669 la colata lavica raggiunse e circondò il castello, cancellando il fossato e le difese esterne. Il terremoto del 1693 e la successiva ricostruzione modificarono la topologia dell’insieme urbano. La fortificazione costiera venne così a trovarsi al centro della città, con un rapporto completamente alterato con l’intorno rispetto a quello abituale.
LA RINASCITA – L’aspetto attuale dell’edificio, fortemente degradato dopo il Seicento, quando venne completamente a cessare la sua utilità militare, risale ai restauri effettuati negli anni Trenta del Novecento, e a quelli successivamente attuati negli anni del secondo dopoguerra, che hanno consolidato quanto ancora rimaneva della costruzione federiciana, liberando il complesso dalle molte sovrastrutture che si erano incrostate nel corso del tempo.
FORTEZZE DI PRINCIPI – Lo schema ‘ad quadratum’ del Castello Ursino di Catania era particolarmente usato per i castelli principeschi. Lo si ritrova infatti nel castello visconteo di Pavia, oppure in quello valdostano di Verrès, entrambi costruzioni principali di famiglie dominanti sui rispettivi territori. Ma l’esempio catanese è il più antico, il primo che in Italia attua questo schema: ed è forse servito da ispirazione per le realizzazioni successive.
L’APOLOGIA DEL QUADRATO – Il Castello Ursino è, per usare espressione in voga nel medioevo, una tipica costruzione ad quadratum, cioè un complesso edilizio rigorosamente modulato attraverso la giustapposizione di elementi quadrati. La sua pianta è infatti costituita da venticinque quadrati disposti a file da cinque. I nove quadrati centrali (teorici) formano il cortile; gli altri 16, di cui quattro agli angoli, formano invece le stanze attorno alla corte. È uno schema che ha la sua origine verosimile nel Vicino Oriente, in particolare in Siria e in Giordania, paesi che a loro volta lo avevano ereditato dalle fortificazioni bizantine, ricalcate sui castra di confine dell’impero romano. Si ritrova così l’impronta di Roma nelle opere dell’imperatore che più di tutti si avvicinò alla figura e alla concezione dei sovrani dell’Urbe.
LA MEMORIA STORICA DELLA CITTA’ DI CATANIA – Come molti castelli, anche quello di Catania ha avuto una parabola di vita travagliata, passando dallo splendore dei tempi di Federico II, mantenuto in parte anche sotto il dominio aragonese, quando spesso la corte ebbe sede nella città, alla quasi totale decadenza in epoche più recenti, fino al riscatto ottenuto negli ultimi decenni.
Il castello venne cinto da mura bastionate e rimaneggiato nel corso del Cinquecento, quando ancora controllava il porto etneo.
Nel 1837 venne adibito a prigione, destinazione che portò a numerose trasformazioni dell’interno.
Fu pesantemente restaurato tra due guerre mondiali con risultati non del tutto condivisibili oggi.
Funge ora da sede del Museo civico, nato grazie alla riunione di alcune delle maggiori collezioni artistiche e archeologiche catanesi. La destinazione mussale cittadina ne ha fatto un vero e proprio ‘luogo della memoria’ per Catania e il suo territorio.
Altro polo cittadino è la cattedrale di Sant’Agata (XI secolo). Si trattava di una chiesa munita, cioè dotata di fortificazioni: una rarità in Italia.
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