Nel 1351 Cangrande II della Scala divenne signore di Verona. La carica avrebbe dovuto essere ereditata dai suoi due fratelli, tuttavia Cangrande si adoperò in tutti i modi per trasmetterla ai figli: una situazione non infrequente, ma foriera di aspri scontri famigliari. Fu soprattutto la paura della ritorsione dei fratelli che lo indusse a costruire Castelvecchio: paura più che giustificata.
IL CASTELLO DEL POTERE – Il possente castello che Cangrande II si era fatto costruire non lo salvò dalla vendetta dei fratelli. Riuscì infatti a mettere a parte un consistente patrimonio da lasciare ai figli, ma alla fine venne ucciso dal fratello Cansignorio, che, a scanso di ulteriori pericoli, fece assassinare anche l’altro fratello, Alboino. I fratricidi continuarono anche nella seconda generaione: uno dei due figli, illegittimi, di Cansignorio eliminò l’altro per diventare l’unico successore. Tuttavia, queste serie di delitti provocò lo sfaldamento del potere scaligero su Verona. Nel 1387 l’aristocrazia locale, esasperata da queste faide dinastiche, si rivolse ai Visconti di Milano, offrendo loro la signoria sulla città. La popolazione aprì con entusiasmo le porte ai nuovi signori, nella speranza che avrebbero portato un lungo periodo di pace.
PERCHE’ CASTELVECCHIO? – Il nome di Castelvecchio, con cui è oggi indicata la fortezza, si affermò solo nel Quattrocento, quando gli Scaligeri avevano perduto ormai da tempo la signoria sulla città. All’epoca il complesso, costituito da mura merlate e alte torri angolari quadrate poste a racchiudere un ampio cortile interno, era diventato del tutto obsoleto, non più in grado di proteggere gli occupanti da attacchi militari nemici. Restava, sia pure con importanza secondaria, la funzione di residenza, sia civile, sia per i comandanti della piazza fortificata di Verona – che veniva sempre più circondandosi di poderose mura bastionate, in grado di sfruttare la sua eccellente posizione strategica, all’incrocio di tutte le strade di collegamento tra la pianura padana, il nord e l’est.
IL PONTE SULL’ADIGE – Eretto nella seconda metà del Trecento (forse nel 1376), il “Ponte Scaligero”, che con le sue tre potenti arcate scavalca il fiume, dando al castello una privilegiata via d’accesso (e di fuga) sull’altra riva dell’Adige, è il naturale complemento, fortificatorio e paesistico, di Castelvecchio. È collegato al castello attraverso il mastio del complesso e una porta che si apriva nelle antiche mura cittadine, la porta del Morbio. Costituisce tuttora il più bel ponte fortificato esistente in Italia. Il ponte fu distrutto dai tedeschi nel corso dell’ultima guerra, e venne ricostruito da Piero Gazzola nei primi anni Cinquanta.
ANASTILOSI: CHE COS’E’? – Il termine derivato dal greco, vuol dire letteralmente “incolonnamento” e, per traslato, ricostruzione. Viene dalla pratica archeologica ed è utilizzato in architettura per indicare la ricostruzione di un edificio distrutto utilizzando i pezzi originali crollati, eventualmente con alcune aggiunte a sostituire le parti completamente sbriciolate. È la tecnica utilizzata per ricostruire il Ponte vecchio di Verona, rimontando pazientemente i detriti caduti nel fiume e ripescati. Si è così ridata vita a un monumento esenziale dal punto di vista ambientale e storico, senza ricorrere a una ricostruzione moderna.
I liberi comuni poterono amministrarsi da soli, gestire il proprio benessere e perseguire una politica di espansione all’esterno e di crescente democratizzazione all’interno. Ma le ambizioni delle varie famiglie, le rivalità fra guelfi e ghibellini, fra nobili e borghesi, fra classi ricche e ceti poveri, facevano si che quasi tutte le città si trovassero permanentemente sull’orlo della guerra civile.
I contrasti erano tali che, a lungo andare, i liberi comuni non furono più in grado di reggersi da soli, utilizzando le loro magistrature elettive. Nacque allora la figura del “podestà”, cioè di colui che era delegato a esercitare il potere come comandante in capo, con il compito di dirigere la vita cittadina: una carica attribuita di solito a un forestiero per un periodo limitato, ma talvolta anche assegnata (o usurpata) a vita.
Anche Verona segui questo modello. Nel 1259 la carica spettò a Mastino della Scala, e fu il trampolino per l’istituzione di un potere personale sulla città: il podestà divenne “signore”. La sua famiglia, che dominò in città per 128 anni, portava nello stemma l’immagine di una scala (da cui il nome), alla quale ben presto si affiancò l’aquila imperiale, dato che molti suoi membri furono nominati vicari dell’imperatore.
Soprattutto sotto Cangrande I della Scala (1291 – 1329), celebrato nella Divina Commedia da Dante, che fu suo ospite, Verona divenne una città ricca e potente, con una corte in cui fioriva la cultura.
UNA POSIZIONE STRATEGICA – Posto in un’ansa dell’Adige, nel punto in cui le mura cittadine lambivano il fiume, Castelvecchio è composto da tre parti fondamentali: una militare, verso la città, una residenziale, all’esterno delle mura urbane, un ponte fortificato sull’Adige, accessibile dall’una e dall’altra, che collegava il castello alla riva opposta. È una formidabile, raffinata macchina di controllo militare e politico della città. Ed è, anche, una delle presenze ambientali più importanti di Verona.
LE MURA DEL PADRONE – Il castello di Verona è uno dei numerosi castelli urbani, sorti nelle città italiane tra XIV e XV secolo, per opera delle nuove dinastie di signori. Di tali castelli ha la tipica collocazione a cavallo delle mura, con la parte residenziale spostate verso la campagna, in modo da disporre di un’agevole via di fuga, e la parte militare verso la città, così da fungere da “cuscinetto” protettivo in caso di rivolta urbana. La sua costruzione fu avviata nel 1354 da Cangrande della Scala, che vi spostò la sua residenza. Era detto, in origine, castello di San Martino in Acquaro, e solo più tardi, con il nascere di nuove fortificazioni cittadine, prese il nome di Castelvecchio.
UNA STRUTTURA COMPLESSA – Rispetto ad altri castelli signorili dello stesso tipo e periodo, come queli di Ferrara o di Mantova, la fortificazione veronese mostra un impianto assai più complesso. Ciò è dovuto in parte ad alcune preesistenze sorgenti in luogo incorporate nella nuova costruzione, in parte alla situazione ambientale, in parte, infine, a preoccupazioni difensive. È infatti formato da due nuclei distinti, uno situato entro le mura cittadine e uno all’esterno di queste. I due nuclei sono poi separati dalla strada che porta al ponte fortificato sull’Adige, così che questo possa essere utilizzato da ambedue.
Il nucleo orientale, all’interno delle antiche mura, è costituito da un recinto merlato a pianta rettangolare, con torri quadrate agli angoli. Il suo compito era soprattutto quello di fungere da cuscinetto tra l’abitato e il secondo nucleo, quello occidentale, costruito all’esterno delle antiche mura e adibito a sicura dimora del signore. A questo scopo è pesantemente fortificato, con doppia compartimentazione interna, accessi protetti da ponti levatoi e un solido, alto mastio posto a dominare il tutto. I due nuclei sono separati da un’intercapedine centrale, che funge da via d’accesso al terzo elemento fondamentale, il ponte fortificato che scavalca l’Adige, consentendo così al castello di comunicare con l’esterno senza dipendere dalla città.
RAPPORTI TRA PRINCIPI – Le corti di Verona e di Milano erano, nel Trecento, fortemente collegate l’una all’altra sul piano politico, culturale, militare: un rapporto cementato anche da vari matrimoni tra esponenti delle due dinastie, e che si rivela particolarmente stretto nel campo dell’architettura fortificata. Così non c’è da stupirsi se il castello veronese e quello milanese, eretti più o meno negli stessi anni, presentano molte analogie, a cominciare dall’impianto simile, con un’ampia corte d’armi interposta tra la residenza signorile e la città, le molte compartimentazioni interne, la similitudine nei criteri costruttivi e persino formali. Allo stesso modo il ponte fortificato scaligero ha molte corrispondenze con gli analoghi ponti fortificati costruiti dai Visconti, come quelli di Vigevano o di Valeggio sul Mincio. Si tratta, a tutti gli effetti, di frutti di una cultura sostanzialmente unitaria.
Il castello era integrato un tempo dalla “Cittadella”, costruita a partire dal 1389, subito dopo la conquista viscontea della città, secondo lo schema di controllo cittadino che i Visconti adottavano in tutte le città sotto il loro dominio. Si trattava di un ampio recinto, che si addossava a nord al castello e a oriente alle mura urbiche, e fungeva da ricovero per gli uomini, le merci, gli animali, la guarnigione del signore. Pressoché scomparsa oggi, ha lasciato le sue tracce nell’impianto cittadino.
2 commenti:
Ciao dolcezza,
hai descritto la mia città
meglio di quello che potrei fare io, eh eh! Abito a 3 KM dal centro!!
Ciao prof.
Un abbraccio
°SUSY°
Passeggiare a Castelvecchio nelle belle giornate di primavera è una cosa che mi piace tantissimo!
E' così imponente e trasmette sicurezza questo vecchio castello...
Tante cose io non le conoscevo e ti ringrazio per questo post.
Sai a volte ci interessiamo tanto dei luoghi lontano a noi e sappiamo poco o niente delle cose che ci sono più care!
Ciao e buon fine settimana...
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