Per oltre 12 secoli la basilica costantiniana accolse pellegrini provenienti dai luoghi più lontani, venuti a Roma per rendere omaggio alla tomba del primo vicario di Cristo. Nel 1506 questo celebrato ed ammirato edificio, insieme all’immenso patrimonio storico accumulato nel corso dei secoli, andò in gran parte disperso per far posto alla basilica attuale.
La storia della basilica costantiniana si conclude il 15 novembre 1609, quando fu celebrata l’ultima messa prima dell’abbattimento di quanto rimaneva dell’antico edificio. La scomparsa della basilica costantiniana avvenne in maniera progressiva.
NICCOLO’ V (1447 – 1455) – Dopo il 1451 Niccolò Parentucelli aveva affidato a Bernardo Gamberelli, detto il Rossellino, l’incarico di ingrandire e restaurare l’antica basilica. Il Rossellino aveva elaborato un progetto di chiesa a croce latina preceduta da un portico, chiusa da un’abside semicircolare e coronata da una grande cupola centrale. I lavori si arrestarono però alla morte del papa.
GIULIO II (1503 – 1513) – Dopo interventi di carattere parziale, è con papa Giulio II che si riprendono le fila dell’immensa impresa. Il papa incaricò Donato Bramante di pensare alla progettazione della nuova basilica e l’architetto ideò un edificio di forma quadrata sormontato da una cupola che, sostenuta da grandiosi pilastri, si doveva librare in alto, quasi sospesa nello spazio.
Dalla stessa cupola si allargavano quattro bracci di croce greca che terminavano, all’interno ad abside rotonda, e all’esterno in linea retta. Il 18 aprile 1506 Giulio II collocò nelle fondamenta del pilone della Veronica la prima pietra della nuova basilica Vaticana.
Da un lato vi era scritto: “Giulio ligure, Pontefice Massimo, l’anno 1506 restaurò dalle fondamenta il Tempio di San Pietro in Vaticano che deperiva per vecchiezza e posizione”. Sulla parte posteriore non era inciso nulla, e per questo la pietra non fu distesa a terra, ma poggiata alla parete. La morte prematura di Bramante, avvenuta l’11 aprile 1514, e le difficoltà di esecuzione del progetto impedirono la prosecuzione dei lavori. Prima di morire Bramante aveva però rielaborato il progetto e stava lavorando ad una seconda ipotesi con sviluppo a croce latina. Questa ultima soluzione sarà ripresa da Raffaello Sanzio quando, per volere di Leone X Medici, ricevette l’incarico di continuare la grande fabbrica insieme a fra’ Giocondo da Verona e al quasi settantenne Giuliano da Sangallo. Anche questo progetto rimase sulla carta, poiché tutti tre architetti morirono nel breve giro di sei anni.
LEONE X (1513 – 1521) – Leone X nominò allora direttore dei lavori Antonio da Sangallo il Giovane, sin dal 1505 assistente di Bramante, affiancandogli nel 1520 come coadiutore l’architetto e pittore senese Baldassarre Peruzzi.
Nonostante i cambiamenti, il ritmo dei lavori sul cantiere procedette con lentezza per quasi quindici anni, sino a quando un nuovo papa non affrontò la situazione con energia e decisione.
PAOLO III (1534 – 1549) – Nel 1536 Paolo III Farnese, eletto appena due anni prima, riconfermò nell’incarico di architetto della fabbrica Antonio da Sangallo, chiedendogli di preparare un nuovo progetto e di restaurare e consolidare quanto era stato già costruito.
Nell’agosto 1538 si costruì una parete divisoria tra l’undicesima e la dodicesima colonna per separare il caotico cantiere in crescita da quanto restava ancora in piedi della basilica costantiniana. Tre anni dopo, per meglio chiarire al papa i risultati degli studi compiuti e dopo la delibera dei Deputati della Fabbrica di sospendere il salario mensile agli architetti sino a quando non si fosse cominciato a lavorare a un modello ligneo del nuovo progetto, il Sangallo fece eseguire un grande plastico in legno di abete bianco, acero, tiglio, pioppo, noce e castagno, ancora oggi conservato alla Fabbrica di San Pietro, della misura di 7,36 metri di lunghezza, 6,02 di larghezza, 4,68 di altezza alla cupola e dal peso di 6 tonnellate.
Un lavoro imponente, retribuito con ben 5500 scudi d’oro, somma superiore a quanto sarebbe stato necessario per la costruzione di una vera chiesa. Anche di questo ambizioso ma irrealizzabile progetto si concretizzarono solo poche parti, limitatamente al consolidamento dei piloni bramanteschi e all’innalzamento del pavimento della nuova basilica di 3,20 metri , così da conferire una più diffusa illuminazione e un più armonioso equilibrio ad un complesso altrimenti troppo alto e stretto.
Nel 1546 il Sangallo moriva e il gennaio dell’anno successivo Paolo III nominò ufficialmente nuovo architetto, il celebre Michelangelo. Erano trascorsi quarant’anni dall’inizio dei lavori. Michelangelo, rifiutando quanto era stato compiuto dal suo predecessore, ritornò alla prima ispirazione di Bramante, ma con una concezione più vigorosa e semplificata.
Il suo progetto per San Pietro doveva avere una pianta “non piena di confusione come quella di Sangallo, ma chiara, schietta e luminosa intorno”, come egli stesso scriveva.
La decorazione dei tre bracci esterni fu plasmata quasi come una scultura e sull’alto piedistallo delle strutture esterne egli immaginava di elevare la più grande cupola costruita in tempi moderni. Alla sua morte, nel 1564, la costruzione della cupola era arrivata solo al tamburo e incompleta rimase sino al 19 gennaio 1587 quando papa Sisto V Peretti affidò l’incarico di ultimarla a Giacomo Della Porta, assistito di Domenico Fontana.
Della Porta si attenne alle indicazioni riportate sul modello ligneo eseguito mentre Michelangelo era ancora in vita, anche se non rispettò il progetto con assoluta fedeltà, pensato in origine con un arco a tutto sesto e modificato con una curvatura più slanciata che ne accentua il verticalismo.
Tra il 15 luglio e l’agosto 1588, finito l’attico, iniziò a voltare la cupola. Dal 22 dicembre 1588 al 14 maggio 1590 l’anello superiore destinato a sostenere la lanterna era stato ultimato e il 19 maggio, tra la gioia e i fuochi d’artificio, Sisto V inaugurava con la celebrazione di una messa solenne la chiusura dell’occhio della lanterna.
Contrariamente al pronostico di dieci anni, erano trascorsi appena ventidue mesi.
PAOLO V (1605 – 1621) – La decisione di affrontare la definitiva demolizione di quanto restava dell’antico tempio e accelerare il completamento del nuovo fu presa da Paolo V Borghese, eletto nel 1605. La questione più urgente era concludere la costruzione e innalzare la facciata.
Si rinunciò alla pianta a croce greca, sia perché il gusto dell’epoca suggeriva una diversa concezione degli spazi, sia per le non soddisfatte esigenze liturgiche dell’impianto michelangiolesco. Inoltre, il progetto di un quarto braccio frontale da croce greca, rivolto verso oriente, si era dimostrato insufficiente perché non avrebbe permesso di includere nelle nuove cappelle laterali l’intera superficie della basilica consacrata da papa Silvestro. Nel 1607 fu bandito un concorso e vincitore risultò Carlo Maderno da Bissone (Lugano), nipote di Domenico Fontana.
Scomparvero cappelle, altari, oratori, il portico, l’atrio con le tombe papali e imperiali, la loggia delle Benedizioni e il campanile. Per esplicito volere del papa, quanto era sopravvissuto dei monumenti sepolcrali doveva essere collocato nelle grotte, un ambiente ancora angusto e basso sino all’anno 1939 dopo il quale, restaurato e rialzato, è divenuto luogo di visita e di preghiera ai monumenti dei pontefici defunti.
La domenica delle Palme del 1615, la basilica si presentò per la prima volta nella sua veste completamente rinnovata, in attesa dei futuri abbellimenti progettati in massima parte da Bernini. Alla sua morte, il 28 giugno 1621, Paolo V orgogliosamente consegnava ai cittadini di Roma il massimo Tempio della Cristianità terminato nelle strutture esterne e già avviato nella decorazione interna.
Continua….
Qui parte I: Basilica costantiniana
1 commento:
metto tutte le tue interessanti ricerche nel cassetto di ziamame.
al momento dell'abbisogna non mi resta che sfogliare, e trovo quanto mi serve. grazie
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