La basilica Vaticana è il più grande santuario della cristianità, dedicato all’apostolo Pietro ed edificato sulla sua sepoltura.
La denominazione “Vaticano”, secondo alcuni è dovuta al fatto che sulla sommità del colle, sin dal tempo degli Etruschi, si trovava un tempio dedicato ad un dio vaticanatore, che prediceva il futuro: il dio Vaticano. I suoi sacerdoti, profeti, erano chiamati vates.
Secondo Plinio, invece, perché i romani sarebbero stati incitati dalla voce di un vates (indovino) a conquistare la riva destra del Tevere, occupata dagli Etruschi.
AGER VATICANUS – La basilica di San Pietro in Vaticano sorge in un area anticamente denominata Vaticanum. Con questo termine si indicava geograficamente la zona destra del Tevere, compresa tra il fiume e il monte Granicolo.
Dopo la costruzione delle mura aureliane, nuova cinta difensiva voluta dall’imperatore Aureliano (270 – 275 d.C.) in sostituzione delle vecchie strutture difensive di età repubblicana, la pianura vaticana si trasformò in zona residenziale, rimanendo esterna alla città. Circondata dal verde e lontana dal traffico cittadino, Agrippina, moglie di Germanico e madre di Caligola, vi fece costruire la sua villa, e tra i gradini materni il figlio Caligola edificò un circo privato per esercitarsi nella corsa della biga. Lungo seicento metri e largo quasi cento, il circo si sviluppò parallelamente al lato sinistro dell’odierna basilica, indicato dall’obelisco che oggi si trova al centro della piazza, e ben presto divenne l’edificio più importante dell’intera area.
Dopo la morte dell’imperatore, il circo con i giardini annessi passarono al suo successore Claudio, e dopo di lui a Nerone il quale, oltre a corrervi con la quadriga, lo usò dapprima per accogliervi i romani scampati al grande incendio che nel luglio del 64 aveva distrutto Roma, poi lo trasformò in teatro della feroce persecuzione contro i cristiani, accusati di essere stati gli esecutori dell’incendio. Migliaia furono i cristiani crocifissi o arsi vivi tra il 64 e il 67 d.C. Tra essi trovò la morte anche l’apostolo Pietro.
Vicino al luogo del martirio e sulla sua semplice sepoltura, l’imperatore Costantino, per proteggere ed onorare la memoria di una vittima tanto amata e tanto illustre, promosse la costruzione di quella che sarebbe diventata una tra le più belle basiliche del mondo cristiano.
LA TOMBA – La pianura vaticana era attraversata da tre vie consolari: l’Aurelia, la Trionfale e la Cornelia. Lungo quest’ultima, a poca distanza dal circo di Nerone, si trovava una necropoli, cimitero a cielo aperto.
I mausolei, grandi stanze coperte a volta e con l’accesso rivolto ad est, verso il sole nascente, appartenevano a famiglie di ricchi liberti e i loro interni erano ornati con eleganti pitture, decorati a stucco e in alcuni casi rivestiti da mosaici. Le spoglie di Pietro erano state deposte in questa zona, in prossimità del luogo del suo martirio.
A differenza dei ricchi mausolei vicini, la sua sepoltura era semplice: una edicola funeraria evidenziata con un modesto monumento di piccole dimensioni, costituito da due nicchie sovrapposte e da un piano aggettante in travertino sostenuto da due colonne. Questa edicola è oggi denominata con il nome di “trofeo di Gaio”, definizione divenuta di uso comune dopo che lo storico della Chiesa, Eusebio di Cesarea (metà del IV secolo), riportò nella sua “Storia ecclesiastica” le parole di un diacono di nome Gaio vissuto a Roma attorno al 200. Protagonista di una polemica con l’eretico montanista Proco, che vantava a Ierapoli, in Asia minore, la presenza di importanti tombe apostoliche, Gaio gli contrappone i “trofei” degli apostoli Pietro e Paolo, rispettivamente in Vaticano e sulla via Ostiense. Una testimonianza sin da allora considerata di grande importanza al punto che, quando nel corso di una campagna di scavo sistematica sotto la Confessione vaticana si rinvenne la piccola edicola commemorativa dell’Apostolo, essa venne denominata “trofeo di Gaio”.
Su questa edicola, divenuta subito luogo veneratissimo, l’imperatore Costantino costruì un monumento marmoreo e dopo di lui, esattamente sullo stessa verticale, furono edificati l’altare di Callisto, nel 1123, e l’altare di Clemente VIII, nel 1594.
Nonostante i cambiamenti avvenuti nel corso dei secoli, ancora oggi, immaginando un asse ideale, la croce che si innalza sulla cupola michelangiolesca si collega al sepolcro di Pietro, ed indica a chi giunge a Roma che lì, in quel preciso luogo, è la tomba del principe degli apostoli.
LA BASILICA VOLUTA DALL’IMPERATORE COSTANTINO – Per costruire medievale l’imperatore Costantino e i suoi architetti dovettero affrontare e risolvere enormi difficoltà di ordine giuridico, economico e tecnico. Il primo vero problema era rappresentato dalla necropoli, cimitero a quel tempo ancora in uso. La legge romana aveva un grande rispetto per i morti e garantiva l’inviolabilità dei sepolcri. Eventuali spostamenti o distruzioni potevano essere autorizzati solo dal Pontefice Massimo, cioè dall’imperatore.
Per non entrare in conflitto con le importanti famiglie proprietarie dei mausolei, la necropoli non venne distrutta ma colmata di terra. Con questa soluzione, se l’accesso alle tombe fu impedito per sempre, i corpi lì sepolti e quanto era stato costruito intorno rimasero intatti.
Il secondo problema era legato alla natura del terreno, essendo difficile costruire su un pendio della collina un edificio che si voleva imponente. Tutti questi ostacoli non spaventarono l’imperatore, ed i lavori iniziarono con la spianata della parte alta del monte e la creazione a valle di robusti contrafforti, alti più di 7 metri. Nessuna difficoltà avrebbe potuto arrestare l’opera di costruzione, poiché forte e sicura era la convinzione che il santuario dovesse sorgere esattamente sul luogo nel quale riposava il corpo di Pietro dopo i martirio. Mentre si stava ancora lavorando, papa Silvestro consacrò l’edificio ma né il papa né l’imperatore videro la loro opera compiuta, ultimata poco prima del 350 durante il regno di Costante I, secondogenito dell’imperatore Costantino.
ESTERNO – Una volta finita, la basilica voluta dall’imperatore Costantino apparve agli occhi dei contemporanei bellissima. Per entrare bisognava salire una scalinata di 35 gradini, con alla base le statue dei Santi Pietro e Paolo.
Giunti in cima era la facciata del quadriportico, caratterizzata sulla destra dalla torre campanaria, la più alta di Roma, sopra la quale brillava una sfera di bronzo dorata sormontata da un gallo bronzeo, richiamo alla vita di Pietro. Oltrepassati i cancelli si apriva un ampio spazio, lungo 56 metri e largo 62, delimitato su tutti e quattro lati da un quadriportico sostenuto da 46 colonne. In un primo momento, l’interno era un giardino ornato di fiori e siepi.
Successivamente pavimentato, al centro vi si collocò il cantharus, fonte riservato alle abluzioni, coperto da un baldacchino bronzeo sorretto da otto colonne di porfido e decorato nella parte superiore con due pavoni bronzei e quattro delfini dorati. Cancelli e transenne proteggevano una grande pigna anch’essa in bronzo, opera di fattura romana, oggi nel cortile omonimo dei Musei Vaticani.
La facciata era interamente decorata a mosaico, con una raffigurazione divisa in tre ordini ed in cima una grossa croce in marmo.
All’interno della basilica si accedeva attraverso cinque porte:
- Porta Guidonea (perché i pellegrini vi entravano accompagnati dalle guide)
- Porta Romana (perché qui si affiggevano le insegne della vittoria e vi potevano entrare solo i romani)
- Porta Argentea (perché rivestita con lamine d’argento fatte apporre da Gregorio I (590 – 604))
- Porta Ravenniana (perché vi potevano entrare solo gli abitanti che risiedevano oltre il Tevere, zona nota come civitus ravennatium)
- Porta Iudici II (perché riservata al transito dei cortei funebri)
INTERNO – L’interno, a croce latina, era caratterizzato da una grande aula absidata, lunga 90 metri e larga 84, divisa a cinque navate. La navata centrale, larga più di 23 metri, era separata dalle navate laterali da quattro file di 22 colonne ciascuna. Durante il giorno gli ambienti erano illuminati dalla luce del sole che entrava da 72 finestre, dapprima protette con lamine metalliche, poi con lastre marmoree traforate.
Papa San Leone IV (847 – 855) le fece rivestire di mica, alabastro e vetro e nel XV secolo, dopo aver cambiato le cornici marmoree, furono inserite vetrate colorate. Oltre alla luce naturale, sia di giorno che di notte rimanevano sempre accesi circa 700 lumi, di cui 122 solo intorno alla tomba di Pietro. Per eliminare l’odore acre dell’olio consumato, in alcune lampade si bruciavano profumi e balsami orientali, che diffondevano in tutta la basilica un gradevole odore aromatico.
Le pareti della navata centrale erano decorate con un vasto ciclo di affreschi raffiguranti storie dell’Antico e del Nuovo Testamento, che si svolgeva su due registri sovrapposti. Le scene dell’Antico Testamento illustravano la Genesi e l’Esodo ed erano dipinte sulla parete destra, mentre sulla parete opposta erano scene della vita e della Passione di Cristo: alla Crocifissione spettava un posto preminente, essendo l’unica raffigurata su due registri, al centro della navata. Nella fascia più alta, tra le finestre, erano state dipinte figure di Patriarchi, Profeti e Apostoli. Quanto non era stato affresco, era interamente ricoperto di marmi preziosi, mosaici, bassorilievi, statue e metalli. Oltre all’altare della Confessione, edificato sulla tomba di Pietro e dove celebrava solo il Papa, vi erano altri settanta altari, sparsi dovunque, anche a ridosso delle colonne, di cui ben 16 dedicati alla Vergine.
Il passaggio tra l’ala centrale e il transetto era separato da un arco trionfale. L’aula trasversale, lunga 90 metri, sporgeva dai muri estremi ed era assai più bassa della navata centrale. Spostata verso l’abside di fondo si trovava la tomba di Pietro, allora come oggi, cuore e centro della basilica.
LA CONFESSIONE – Divenuta subito un vero santuario, la tomba di Pietro veniva indicata con la parola “confessione”. Nella lingua latina questo termine esprime l’affermazione di una verità sino alla morte: quando un martire versa il proprio sangue per Cristo lo confessa, proclamando con un atto di suprema testimonianza la sua fede.
Con Costantino, la semplice edicola che proteggeva la sepoltura di Pietro era stata delimitata da una base in pavonazzetto, protetta da una costruzione marmorea aperta solo nella parte frontale per permettere ai fedeli di vedere la tomba. Tre secoli dopo papa Gregorio Magno (590 – 604), volendo celebrare proprio sulla tomba dell’Apostolo, modificò quanto era stato fatto da Costantino.
Il pavimento del presbiterio, area riservata esclusivamente al clero, fu sopraelevato e per rendere accessibile il sepolcro si costruì un corridoio sotterraneo che girava intorno alla tomba. La nuova sistemazione fu separata dal resto della basilica da una doppia fila di sei colonne tortili, la più interna delle quali era chiusa da plutei. Nel 1123 papa Callisto II racchiuse l’altare di Gregorio Magno in un nuovo altare, e 500 anni dopo Clemente VIII ripeté la stessa operazione, edificando un nuovo altare, quello attuale, sopra l’altare di Callisto.
Continua….