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martedì 26 aprile 2011

Chillon – La fortezza dei conti di Savoia


Chillon fu per secoli il punto di forza dei Savoia sul lago di Ginevra. Immerso nell’acqua, rinforzato da solide torri, è inserito in un contesto che ha affascinato artisti come Victor Hugo, Alexandre Dumas e, soprattutto, Gorge Byron.


UN BALUARDO DIFENSIVO COSTRUITO SULL’ACQUA – La posizione del castello è ideale per la difesa: la sua parte frontale si immerge nelle acque del lago di Ginevra, mentre alle spalle è protetto dai ripidi pendii delle Alpi. Una situazione ottimale, che garantiva la sicurezza dell’edificio e consentiva ai suoi occupanti di controllare sia il lago sia possibili assalti dalla terraferma.


UNA FORTEZZA SECOLARE – Chillon è una delle più antiche fortificazioni europee erette sull’acqua: la prima menzione risale al 1005. gli edifici appartennero prima al vescovo di Sion quindi, nel XII secolo, passarono ai conti (poi duchi) di Savoia, i quali ampliarono il complesso, lo fortificarono e gli diedero la struttura che ha conservato fino a oggi. Nel XIII secolo, Pietro II di Savoia fece costruire verso la terraferma tre torri semirotonde che garantivano il tiro di fiancheggiamento sulle cortine.
Nel  XIV e nel XV secolo questi torrioni vennero rinforzati e provvisti di apparato a sporgere per migliorare la difesa e di cammino di ronda protetto.



Tutto l’impegno profuso nei continui lavori di ammodernamento fu comunque ampiamente ripagato; l’inespugnabile castello costituì infatti un centro di controllo strategico sia del traffico lacustre, sia dell’importantissima strada litoranea verso l’Italia, sia infine della vasta rete di esazione dei dazi, che si irradiava per gran parte del cantone di Vaud.


LA RESIDENZA DEI SAVOIA – Il castello unisce la severità dell’esterno alla bellezza degli interni, particolarmente curati dai Savoia che ne fecero una delle loro residenze favorite fino a tutto il XV secolo. Numerose sono, infatti, le grandi sale di rappresentanza e gli appartamenti di abitazione, sontuosamente decorati da affreschi e da grandi camini.


LA CONQUISTA – Nel 1476 Chillon fu attaccata dalle truppe svizzere, ma riuscì a resistere. Tuttavia nel 1536 le milizie cernesi se ne impadronirono senza nemmeno combattere: la guarnigione, demoralizzata e disorganizzata per la situazione generale dello Stato sabaudo si ritirò senza opporre resistenza. Dopo la conquista, Chillon perse sempre più d’importanza. Dal 1536 al 1733 fu usata come residenza di vari signori locali, poi come deposito di armi e ospedale. Infine, grazie alla sua  solida struttura muraria, venne adibita a carcere.


Nel XIX secolo fu salvata in extremis dalla demolizione, che era stata decisa per utilizzare le sue storiche pietre allo scopo, ben più prosaico, di costruire la linea ferroviaria. Questo pericolo fu sventato grazie all’intervento deciso di un gruppo di deputati del cantone di Vaud, determinati a preservare un monumento storico così antico e importante, che risulta tra i più visitati della Svizzera.


DALLA SVIZZERA ALL’ITALIA – Tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento i Savoia, sotto la spinta dei confederati svizzeri, dovettero abbandonare le terre avite intorno ai laghi di Ginevra, e di Neuchàtel. La supremazia militare svizzera e il dilagare della Riforma protestante spezzarono il potere dei duchi su questo territorio.


Ciò spinse la famiglia, da Emanuele Filiberto in poi, a concentrarsi sul versante italiano, mantenendo al di là delle Alpi solo la Savoia e pochi altri territori. Il Seicento fu infatti un secolo di continue guerre sul fronte italiano, mentre quello svizzero rimase inerte.


I PRIGIONIERI DI CHILLON – La fortezza venne usata dai conti di Savoia anche come prigione di Stato. Il prigioniero più famoso fu François de Bonivard (1493 – 1570), che aveva spinto i ginevrini alla ribellione contro i Savoia. Fu liberato, dopo sei anni di reclusione, nel 1536, quando la fortezza fu conquisata dai cernesi.


La sua vicenda ispirò lo scrittore inglese George Byron, che ne trasse uno scritto “Il prigioniero di Chillon” (1816), abbastanza famoso ai sui temi. Nei locali adibiti a carcere, situati nella zona a lago, è ancora visibile il palo al quale Bonivard rimase incatenato per anni.


QUASI UN’ISOLA – Si entra nel castello percorrendo un ponte di legno risalente al Settecento. Il complesso, di forma ovale, è composto da numerosi edifici e da tre cortili racchiusi in un’unica cinta di mura.


La parte più interna della fortificazione, attorno al mastio centrale, venne costruita nell’XI secolo dai signori di Alinges, nobile famiglia vassalla della diocesi di Sion.
Nel palazzo baronale, conosciuto come Camera domini (o Tour d’Alinges) , sono ancora visibili tracce di affreschi risalenti al XIV secolo.


Anche le pareti di molti altri ambienti sono decorate con affreschi, numerosi dei quali riproducono la lotta di San Giorgio contro il drago, tema assai diffusa in area sabauda.
Particolarmente interessante è il soffitto ad archi della sala dei Cavalieri. La Salle du Chàtelain presenta un soffitto e un camino quattrocenteschi.
Nel settore del carcere sono conservate varie tracce dell’antica destinazione, tra cui anche una forca.

sabato 15 gennaio 2011

Grandson – Delitto e castigo


Nel 1476 il duca di Borgogna Carlo il Temerario, per punire gli svizzeri alleati di Luigi XI, epugnò il castello, massacrando l’intera guarnigione. La strage suscitò un’enorme sete di vendetta nei confederati. Pochi giorni dopo un esercito svizzero sgominava a Grandson l’armata ducale.



QUANDO CADE UN CASTELLO – Il 19 febbraio 1476 Carlo il Temerario si presentò davanti al castello di Grandson con il suo esercito, forte di 20 000 uomini. Il 28 febbraio la guarnigione, ridotta al fame, dovette arrendersi: un assedio da manuale, seguito peraltro da un massacro inusuale, perfino durante i ferrei tempi medievali. Era, a tutti gli effetti, un atto terroristico del duca di Borgogna contro gli ostinati confederati elvetici.


VENDETTA FULMINEA – Quando si diffuse la notizia del massacro del 28 febbraio 1476, i confederati decisero di unirsi per attaccare il duca di Borgogna. In soli quattro giorni riunirono un esercito di ben 18 000 uomini che avanzarono su Grandson per affrontare i 20 000 soldati del duca. Carlo il Temerario e il suo esercito vennero disfatti e si diedero alla fuga abbandonando in totale disordine il loro accampamento, lasciandovi tutto ciò che avevano portato con se, dalle tende, alle ben più importanti casse del tesoro di stato, che facevano parte del seguito del duca.



TRE GIORNI DI SACCHEGGIO – Il saccheggio dell’enorme bagaglio borgognone richiese tre interi giorni. Il tesoro di Carlo il Temerario annoverava un milione di monete, stoviglie d’oro e d’argento, diamanti, rubini, tappeti preziosi e addirittura il sigillo segreto d’oro del duca. Entrarono inoltre nel bottino dei vincitori 600 stendardi, 400 tende, 300 preziosissime tonnellate di polvere da sparo, 400 cannoni, 800 armi da fuoco, 10 000 cavalli con relativo foraggio e una grande quantità di cibo. Ma ancora più importanti furono gli effetti politici della battaglia. Spariva dal palcoscenico della storia uno dei più brillanti stati del continente, mentre la fama delle soldatesche svizzere toccava il suo apice.



L’IMPORTANZA DELLA DIFESA – La storia di Grandson e della resa del 28 febbraio 1476 è un altro esempio di una regola quasi fissa: nel medioevo la difesa era più forte dell’offesa, e le fortificazioni cadevano per fame o tradimento, raramente per un assalto, sia pure praticato con forze ampiamente superiori a quelle dei difensori.


LA DIMORA DI UNA GRANDE FAMIGLIA – Le prime fortificazioni di Grandson furono innalzate verso la metà dell’XI secolo dalla nobile famiglia omonima, originaria del cantone di Vaud. Nel XIII secolo fu ricostruita e ampliata da Pietro I, assumendo all’incirca l’aspetto attuale. Integrazioni minori vennero apportate dai successori. Il perimetro è caratterizzato da cinque torri semitonde, senza aperture salvo qualche feritoia, unite da un cammino di ronda continuo. La sommità delle torri e delle cortine è priva di merlatura. Particolarmente interessante è la torre dei Borgognoni, a pianta mista, quadrata nei due terzi inferiori e rotonda nel terzo superiore. In passato il lago di Neuschàtel, più ricco di acque rispetto a oggi, giungeva a lambire le mura, garantendo un’ulteriore protezione ai suoi occupanti. Tra i successori di Pietro I si ricorda Ottone III, poeta e consigliere dei conti di Savoia, morto nel 1397.




IL PROTOTIPO DEL CASTELLO MEDIEVALE – Insieme al castello di Chillon, Grandson è uno dei più belli castelli medievali della Svizzera: lo si può considerare qusi un archetipo di quello che era un castello feudale. Oggi è inserito nel centro storico della cittadina, che affascina i visitatori per i suoi vicoli stretti, le eleganti facciate degli edifici, i numerosi monumenti storici.
Nella cappella è custodito un famoso dipinto di Jan Metsys, “La Vergine con la rosa”, del XVI secolo.
Nella “camera delle Torture” si trova una ricca collezione degli in strumenti “di persuasione” dell’epoca.
Un museo è dedicato alla celebre battaglia combattuta nel 1476; vi si trova una ricostruzione con 2200 soldatini di piombo.
All’interno del castello si trova anche un interessante museo di auto d’epoca, il cui pezzo più interessante è una Rolls Royce del 1927, appartenuta in origine alla celebre attrice Greta Garbo.


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