giovedì 15 novembre 2012

Villa Borghese – Il parco più bello di Roma



Sono numerose, a Roma, le ville circondate dai parchi. Il cardinale Scipione Borghese, nipote del papa Paolo V, se ne fece costruire all’inizio del Seicento una denominata appunto casino Borghese, immersa in un enorme giardino.


GALLERIA BORGHESE , LA “REGINA DELLE COLLEZIONI ARTISTICHE” – L’aristocratica famiglia romana dei Borghese, originaria di Siena, raggiunse potere e ricchezza all’inizio del XVII secolo, con l’ascesa al soglio pontificio, nel 1605, del cardinale Camillo Borghese (1552 – 1621). Egli utilizzò a piene mani il denaro del Vaticano per favorire i suoi parenti, finanziando fra l’altro la dispendiosa passione per l’arte del “cardinale nipote”, Scipione Borghese (1576 – 1633).


LA RAFFINATEZZA DEL CARDINALE – Nel 1613 il cardinale Scipione affidò all’architetto olandese Jan Van Santen (più noto con il nome italianizzato di Giovanni Vasanzio) l’incarico di costruirgli appena fuori dell’abitato di Roma una non grande, ma raffinata villa suburbana. Contemporaneamente l’alto prelato cominciò a raccogliere opere d’arte e a commissionare a diversi artisti dell’epoca numerosi lavori. Questi furono riuniti da Marcantonio Borghese nel XVIII nel casino, da quel momento chiamato Galleria Borghese. Nel frattempo sorsero anche i vasti giardini della villa, per i quali Scipione poté usufruire di generosi contributi dal bilancio papale e che oggi sono considerati tra i più belli della capitale.


UNA FACCIATA SIMBOLICA – Splendido esempio di villa tardo manierista, curata da Jan Van Santen (Giovanni Vansanzio), su progetto quasi certamente di Flaminio Ponzio, villa Borghese è, già in facciata, un grandioso inno alla smania collezionistica e antiquaria del committente. Le sue numerosissime opere di scultura, inserite in nicchie, tondi e frontoni, fanno delle mura stesse della costruzione una sorprendente e curiosa galleria.


GALOPPATOIO E ZOO – Allo fine del Settecento Christoph Unterberger progettò per conto di Marcantonio Borghese una nuova sistemazione del parco. Risalgono a questo periodo i tre graziosi tempietti di Esculapio, Diana e Faustina. L’area è costellata di statue e monumenti, due dai qualli celebrano altrettanti famosi poeti: l’inglese Lord Byron (opera di Bertel Thorvaldsen, ma si tratta di una copia) e il tedesco Johann Wolfgang Goethe, per mano di Gustav Eberlein. Assai frequentati sono ancora in particolare il galoppatoio e il giardino zoologico.


UNA RASSEGNA DI PITTORI DI ECCELLENZA – A villa Borghese, eccellentemente restaurata alla fine del Novecento, è allestita una delle maggiori collezioni di quadri e sculture del mondo.





Vi figurano tra l’altro tre celebri capolavori di Gian Lorenzo Bernini (1590 – 1680): il David, in cui si è ritratto lo stesso artista, l’Apollo e Dafne, splendida, sensuale dimostrazione di virtuosismo plastico che coglie il momento in cui la ninfa, in fuga di fronte al dio che cerca di possederla, si trasforma in albero; il Ratto di Proserpina, ispirato con grande realismo a uno dei miti più noti della classicità.



Forse ancora più universalmente celebre è il ritratto, scolpito da Antonio Canova (1757 – 1822), di Paolina, sorella di Napoleone sposata con un principe Borghese, sdraiata languidamente seminuda su un divano di forme classiche.
Tra i tantissimi quadri vanno almeno ricordati la Deposizione di Cristo realizzata nel 1507 da Raffaello (1483 – 1520), Venere e Amore di Lucas Cranah il Vecchio (1472 – 1553), Amor sacro e amor profano di Tiziano (1477 – 1576), il Compianto sul Cristo morto di Peter Paul Runebs (1577 – 1640), nonché varie opere di grandi maestri come il Perugino (1448 – 1523), il Correggio (1489 – 1534), Paolo Veronese (1528 – 1588), il Caravaggio (1573 – 1610) e Anthonie Van Dyck (1599 – 1641).


SCRIGNO D’ARTE – La combinazione fra il riposante verde dei giardini e la visita a musei di notevole interesse artistico fanno di villa Borghese una delle tappe obbligate di una vacanza romana, anche veloce.  
L’area di villa Borghese, di circa 6 km di circonferenza, ospita numerose attrazioni tra cui musei, gallerie, accademie, un lago artificiale e vari padiglioni.
Il parco invita a passeggiate (anche in bicicletta, che è possibile noleggiare) e picnic tra gli alberi. Al centro vi si trova il giardino del Lago con un laghetto artificiale e barche a remi.
Allo scultore Pietro Canonica (1869 – 1959) e alle sue opere è dedicato un museo in forma di castello medievale, la cosiddetta Fortezzuola.
Il palazzo delle Belle Arti, eretto nel 1911, ospita la Galleria nazionale d’Arte moderna. Nel vasto panorama della produzione otto e novecentesca sono presentati scultori come Antonio Canova, Medardo Rosso, Henry Moore e pittori come Paul Cézanne, Edgar Degas, Vasilij Kandinsky. Con Carlo Carrà, Giacomo Balla, Gino Severini, Giorgio de Chirico e altri sono anche documentate le correnti, tipicamente italiane, del Futurismo e della pittura metafisica.
Merita una visita villa Giulia dove ha sede il Museo nazionale archeologico, con una ricchissima collezione di reperti di epoca preromana.
Il monte Pincio offre una fantastica veduta della città.


Trujillo – Una fortezza millenaria



Nel X secolo i cavalieri cristiani penetrarono da nord nella Spagna meridionale, occupata dai Musulmani. I califfi di Còrdoba eressero numerose fortificazioni intorno alle maggiori città del loro dominio, tra cui il castello di Trujillo.


OGGETTO DI UNA LUNGA CONTESA – Nel XII secolo Trujillo era una fiorente città araba con scuole, bagni, ospedali, botteghe artigiane e mercati ben forniti. Alla fine del secolo venne però attaccata dai cristiani, che la espugnarono per la prima volta nel 1186 con Alfonso VIII di Castiglia (1155 – 1214). In seguito per varie volte il caposaldo fu riconquistato dagli arabi e di nuovo ripreso dai cristiani.


I combattimenti attorno alla città durarono cinquant’anni, finché i cristiani non ebbero definitivamente la meglio nel 1232. Gli arabi l’avevano circondata con massicce mura, ma non riuscirono a contrastare l’assalto definitivo dell’esercito nemico. La splendida società organizzata dai Mori venne disgregata e sostituita da uno stile molto più austero, improntato a una rigorosa religiosità. Il castello, teatro di queste lotte fu ancora ampliato fra il XIII e XIV secolo e utilizzato come presidio militare, fino a diventare, alla fine del Quattrocento, il quartier generale dei re cattolici, Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, nella guerra contro il Portogallo.


CREATRICE DI VENTI STATI – Nel Cinquecento Trujillo fu per antonomasia la città dei conquistadores, che da qui partirono per il Sud America alla ricerca dell’Eldorado, il mitico paese dell’oro. Dice tuttora un proverbio che Trujillo è stata la matrice di 20 stati americani. La maggior parte degli avventurieri partiti pieni di illusioni non diede più sue notizie, ma qualcuno tornò, talvolta carico di tesori, e contribuì ad arricchire il proprio luogo natio.


FRANCISCO PIZARRO, ESPLORATORE E SPIETATO CONQUISTATORE – La maggiore – e più contestata – gloria cittadina, Francisco Pizarro, nacque nel 1475 dalla relazione illegittima di un consigliere comunale. Cresciuto in povertà, lavorò agli inizi come il guardiano di porci prima di guadagnarsi il pane come soldato. Il suo coraggio lo mise in luce in varie ardite spedizioni, per esempio in Centro America, dove prese parte a diverse battaglie, e nell’esplorazione della costa sudamericana. Gli storici non hanno mai chiarito il suo ruolo in una congiura in Spagna; certo è che finì in prigione, ma venne graziato e poi addirittura ricevuto dall’imperatore Carlo V (1500 – 1558), che gli affidò la conquista dell’impero inca e lo nominò governatore del Perù. Nel 1530, dopo aver raccolto soldati nella sua città natale, alzò le vele. Il suo esercito aveva una forza di soli duecento uomini, ma era superiore alle varie migliaia di combattenti incas grazie alle armi da fuoco e alla disciplina di combattimento di tipo europeo. Catturato il re inca Atahualpa, Pizarro pretese come riscatto ingenti quantità d’oro, poi, nonostante gli impegni assunti, uccise il re.


Non solo: nel volgere di dieci anni le sue truppe sterminarono migliaia di indios, rasero al suolo villaggi e città e distrussero la loro civiltà. Nel 1541, però, anche lui fu assassinato a Lima.  
A questo discusso personaggio è dedicato un monumento equestre nella Plaza Mayor di Trujillo.


LA RUDEZZA DELLA NECESSITA’ – In generale le fortificazioni arabe, pur notevolmente efficienti (va ricordato che la civiltà musulmana poteva attingere alle conoscenze del mondo bizantino e persiano, e da queste a quelle romane), erano caratterizzate da una forte tendenza decorativa, che trasmisero anche a molte fortificazioni cristiane della penisola iberica. Niente del genere a Trujillo (anche se bisogna mettere in conto le frequenti ricostruzioni cristiane). La tecnica edilizia è qui essenziale, quasi rude, tutta improntata alla più assoluta necessità, le decorazioni e compiacimenti formali inesistenti. Insomma, un monumento alla funzionalità bellica.


SOFFIO DI MEDIOEVO – L’interessante centro storico e l’atmosfera medievale rendono Trujillo una meta turistica assai frequentata dell’Estremadura. Il castello domina la città dalla cima di un colle.
Da lontano si notano le alte mura e robusti merli della fortificazione.
Le possenti torri quadrangolari risalgono al periodo arabo, a differenza di quelle cilindriche aggiunte in seguito, in epoca cristiana. Dalle torri gemelle affacciate sul cortile le guardie potevano sorvegliare i movimenti sospetti all’orizzonte.
Dal cammino di ronda si offre un grandioso panorama sulla città e sul paesaggio circostante.
Nel mastio (Torre del Homenaje) si trova una cappella con la statua di Nostra Signora della Vittoria, patrona della città, consacrata nel 1531 in memoria della Reconquista cristiana della Spagna meridionale avvenuta quarant’anni prima.
Il castello fu costruito dai Mori su resti di rovine romane. Altre rovine di età augustea sono state scoperte vicino alla chiesa di San Andrés.

Scone – L’incoronazione dei sovrani scozzesi



È uno dei luoghi più antichi e sacri della Scozia. Ma come edificio è tra i più recenti: fu eretto in forme neogotiche a partire dal 1802. qui si trovava la Stone of Scone e i re di Scozia vi ricevevano la corona.

DA MONASTERO A CASTELLO – All’epoca in cui il luogo fu scelto per incoronare i re scozzesi vi sorgeva soltanto un monastero. Anche in seguito, quando ormai da tempo gli inglesi avevano portato a Londra la “pietra dell’incoronazione”, la cerimonia continuò a svolgersi qui. Proprio per accogliere gli ospiti che intervenivano alla cerimonia accanto al monastero fu innalzato un primo castello, sulle cui fondamenta sorge quello attuale, di forme neogotiche.


L’incoronazione più spettacolare e carica di significati fu quella del 25 marzo 1306 quando Roberto Bruce (1274 – 1329) si autoproclamò re. Quella più precaria avvenne nel 1651, quando decise di farsi incoronare qui anche Carlo II che, durante la guerra civile e l’intermezzo repubblicano di Oliver Cromwell, provò a insediarsi sul trono di Scozia, nove anni prima di essere riconosciuto re di Scozia e Inghilterra.


Il monastero venne distrutto nel 1559, dopo un’appassionata predica del riformatore John Knox a Perth. Il castello invece fu risparmiato, e passò nelle mani della famiglia Gowrie. Nel 1604, quando questa famiglia risultò implicata in una congiura contro il re Giacomo I Stuart, scoperta grazie a David Murray, il delatore ricevette in compenso la tenuta di Scone, che appartiene tuttora alla sua famiglia. William Murray, signore di Scone, elevato nel 1776 al rango di conte di Mansfield, è considerato uno dei giudici più importanti nella storia inglese. Nel 1812 David Murray, terzo conte di Mansfield, modificò e ampliò l’edificio, che venne completamente rifatto in stile neogotico su progetto dell’architetto William Atkinson.


RICOSTRUIRE “IN STILE” – A vederlo da lontano, il castello di Scone sembra proprio un fortizio medievale, nonostante le incongrue finestre bianche che campeggiano sulle facciate. Avvicinandosi, si scoprono i particolari che denunciano l’età assai più recente della costruzione. Considerando le cose secondo i criteri di oggi, si tratta di edifici incongrui. Ma, visto con l’ottica del tempo, la situazione appare ben diversa. Queste ricostruzioni stilistiche di opere medievali sono uno dei mezzi con cui il nascente Romanticismo si “riappropriava” della tradizione artistica dei vari paesi, soprattutto nordici, per secoli “conculcata” dal successo delle forme artistiche di derivazione classica, messe in circolo dal Rinascimento italiano.


I SEGRETI DELLA PIETRA DI SCONE – Secondo la leggenda questa sarebbe la pietra sulla quale Giacobbe sognò la scala celeste (“Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran.  Capitò così in un luogo, dove passò la notte…; prese una pietra, se la pose come guanciale e si coricò in quel luogo.  Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa.”: Genesi 28, 10 - 12). Un’altra leggenda sostiene che la pietra sarebbe invece un pezzo del trono del faraone egiziano, portato in dono dalla figlia Scotia (progenitrice dagli scozzesi) dopo il matrimonio con un capotribù celtico.


Certo è comunque che Kenneth MacAlpin nell‘838 portò la pietra a Scone, vi si sedette sopra e venne incoronato come re. La cerimonia, da allora, fu ripetuta da tutti i successori, finche il re inglese Edoardo I nel 1296 non fece trasportare la pietra a Londra come bottino di guerra e la fece porre in Westminster. Ciò nonostante l’incoronazione dei sovrani scozzesi continuò ad avvenire a Scone, anche senza la pietra. Quando Elisabetta II diventò regina, nel 1953, la pietra di Scone si trovava sotto il trono. Ma era quella vera? Diverse sono le voci in proposito: secondo alcuni i monaci avrebbero consegnato a Edoardo I una pietra falsa e sepolto quella originale; altre leggende sostengono che la vera pietra sarebbe stata trovata e segretamente scambiata con l’attuale nel 1818, dopo di che se ne sarebbero perse le tracce; una terza versione accrediterebbe un furto per mano di nazionalisti scozzesi nel 1950, seguito da un ritrovamento e dalla restituzione alla famiglia reale, ma è sorto in seguito il sospetto che fosse una copia. Vera o falsa, la pietra tornò in Scozia nel 1996 e appartiene ora ai gioielli della Corona custoditi nel castello di Edinburgo. Ora Lord Mansfield la vorrebbe riportare a Scone Palace, dove per altro è custodita una copia sul luogo su cui doveva poggiare l’originale.


AVORIO, PORCELLANE E CARTAPESTA – Arredato con pregiati mobili francesi, il castello di Scone è noto anche per i suoi notevoli oggetti di porcellana, avorio e cartapesta.
La collezione d’avorio è esposta nella Dining Room e comprende oltre 70 pezzi di provenienza bavarese, fiamminga, italiana e francese. I più raffinati sono una Sacra Famiglia francese del Seicento e una Venere sulla spalla di Cupido di provenienza italiana.
Nell’Ante Room campeggia un quadro di David Murray, primo conte di Mainsfield.
Le porcellane, sistemate nella biblioteca, si segnalano in particolare per diversi rari pezzi di Meissen e Ludwigsburg.
La collezione di oggetti di cartapesta, unica al mondo, si basa in gran parte sulla produzione settecentesca della famiglia francese Martin.


Nel parco si trova la Moot Hill, l’antico luogo dove era posizionata la famosa pietra.
I dintorni del castello sono caratterizzati da un parco giochi, da sentieri escursionistici e aree per picnic, da un labirinto e dall’interessante vegetazione.

mercoledì 14 novembre 2012

Manzanares el Real – Il castello dei Mendoza



Il castello fu eretto nel Quattrocento dal primo marchese di Santillana. Era una fortificazione imponente che doveva non solo rispecchiare l’importanza della famiglia ma anche difenderne i territori.


E IL RE POSE FINE ALLA CONTESA – La regione di Manzanares, sebbene abitata da pochi pastori, era stata a lungo contesa tra Madrid e Segovia. Il re castigliano Alfonso X (1221 – 1284) pose fine d’autorità a quella controversia occupando il territorio e facendone un possedimento reale (di qui il nome di “El Real”). Nel 1383 Giovanni I l’assegnò in feudo al suo cerimoniere Pedro Gonzàlez Mendoza: da quel momento cominciò l’ascesa della famiglia Mendoza, una delle più potenti di Spagna.


Inigo Lòpez de Mendoza (1398 – 1458), costruttore del castello, fu abile comandante militare, spregiudicato politico e non disprezzabile poeta. Grazie alle vittoriose campagne contro gli Arabi che occupavano la Spagna meridionale e al suo contributo nella repressione di una rivolta contro il re Giovanni II di Castiglia, fu nominato marchese di Santillana. Di conseguenza decise di fare di Manzanares una residenza all’altezza delle ambizioni della famiglia.


DIMORA ALL’ALTEZZA DEL RANGO DUCALE – Più tardi la dinastia scalò un altro gradino, acquisendo il titolo ducale. A questo punto, benché il castello fosse imponente e di bell’aspetto, i Mendoza lo reputarono poco adeguato alla nuova condizione di duchi d’Infantado. Decisero quindi di dare maggiore evidenza all’ornamentazione esterna e di sistemare l’interno con sale che per ricchezza e arredo fossero all’altezza del loro rango. Alla fine del Quattrocento, perciò, il secondo duca affidò all’architetto Juan Guas, allora sulla cresta dell’onda, l’incarico di ristrutturare adeguatamente l’edificio. Le gallerie da lui create sono considerate fra le più belle di Spagna. Ciò nonostante al termine dei lavori il duca non fu del tutto sodisfatto: le torri gli sembravano poco imponenti; e così vi fece aprire alcune feritoie, di scarso valore bellico ma di notevole impatto visivo.


COMMISTIONE DI CIVILTA’ – In Spagna esiste un’arte tipicamente iberica chiamata mudéjar, moresca: era quella praticata dai cristiani in terra islamica, che incrociava forme e metodi costruttivi delle due civiltà. Anche quando l’Islam venne respinto nell’estremo Sud del Paese, e poi addirittura scacciato oltremare, rimase nella cultura spagnola una notevole influenza moresca. Essa appare con vigore e con eccellenti risultati in castelli come quelli di Manzanares el Real, che coniuga l’impianto occidentale con soluzioni formali tipicamente moresche, quali i giri di archetti pensili sotto le merlature, i merli a tettuccio e le palle di cannone inserite nelle murature.


PICCOLO PAESE DI GRANDE STORIA CULTURALE – Manzanares el Real conta appena 3000 abitanti, ma è uno dei luoghi più significativi della letteratura spagnola. Qui infatti il re Alfonso X il Saggio, dopo aver acquisito il territorio alla Corona, compose alcune poesie e prose che diedero inizio alla letteratura spagnola e contribuirono a fondare la lingua nazionale scritta. Lo stesso Inigo Lòpez de Mendoza, costruttore del castello, è entrato nella storia letteraria con il titolo di marchese di Santillana: redasse nel suo castello alcune tra le prime poesie mai scritte nella lingua spagnola, per le quali si ispirò a Francesco Petrarca (1304 1374). Il proemio al suo Canzoniere fu inoltre il primo saggio critico sulla poesia nella letteratura spagnola. Manzanares ha trovato posto anche nella cultura, o meglio nello spettacolo, del Novecento, avendo fatto da sfondo a numerosi film: diversi western e importanti scene di due colossal di Anthony Mann con Sophia Loren, El Cid (1961) e La caduta dell’impero romano (1964).


FANTASIA NEI DECORI – Verso la fine del Quattrocento il celebre architetto Juan Guas aggiunse al castello una serie di vivaci elementi decorativi, che ne fecero uno degli edifici più caratteristici della Spagna.
L’edificio con il declino della famiglia Mendoza andò in rovina fino alla metà del Novecento quando cominciarono i lavori di restauro.


Il castello ha una pianta quadrangolare con al centro un patio porticato e due gallerie con colonne ottagonali.
Merli e feritoie furono disposti nel castello alla fine del Quattrocento non a scopi difensivi ma piuttosto per abbelire le mura.


Le quattro torri – tre cilindriche e una quadrangolare chiamata torre de Homenaje – sono ornate da file sovrapposte di palle di pietra.
La torre de Homenaje è sormontata da una torretta ottagonale.


Le grandiose gallerie e la loggia meridionale sono veri capolavori dell’architettura del tempo.
Nel perimetro del castello si trovano i resti di un ermo duecentesco in stile mudéjar, cioè ispirazione araba.


Nel complesso è custodita inoltre una collezione si splendidi arazzi seicenteschi.
Un piccolo museo interno al castello è dedicato interamente alla storia dei castelli in Spagna.


   

Santander – Palazzo Reale di Maddalena



Per convincere la famiglia reale a trascorrere le vacanze estive a Santander, la municipalità della città basca decise nel 1908 di costruire un sontuoso palazzo di vacanze sulla penisola di Maddalena. Cinque anni dopo re Alfonso XIII ne prese possesso.


UN DONO PER IL RE ALFONSO XIII – Nel 1908 i cittadini di Santander si autotassarono per erigere una degna residenza estiva per il re di Spagna, Alfonso XIII (1886 – 1941). Tutti erano entusiasmi all’idea di accogliere ogni anno il sovrano. Il 4 agosto 1913 la famiglia reale giunse in città e ricevette il dono. Fino al 1930 il re trascorse una parte dell’anno nel palazzo. Nel 1931, tuttavia, dovette andare in esilio e l’edificio venne destinato dal nuovo governo a sede dei corsi dell’università estiva.
Fu però solo dal 1949, terminati da tempo gli sconvolgimenti della guerra civile, che il palazzo di Maddalena divenne stabilmente la sede amministrativa e didattica dell’università estiva internazionale, intestata al grande concittadino e critico letterario Marcelino Menéndez y Pelayo.


UN CENTRO CONGRESSUALE MOLTO ALL’AVANGUARDIA – Nel 1977, infine, il comune di Santander riacquistò la tenuta dal conte di Barcellona, Giovanni Borbone, figlio di Alfonso XIII e padre dell’attuale re Juan Carlos. Circa vent’anni dopo, nel ambito di un radicale piano di ristrutturazione, l’intero complesso fu trasformato in un moderno centro congressuale. Dotato di strutture tecniche d’avanguardia, come computer, impianti video, cabine per la traduzione simultanea in ogni sala, il palazzo e le vecchie stalle ospitano oggi numerose e frequenti conferenze scientifiche di livello internazionale.


NEOGOTICO D’IMPORTAZIONE – Costruito tra il 1908 e il 1913, su progetto di Javier Gonzàlez Riancho e Gonzalo Bringas Vega, il palazzo per Alfonso XIII è un esempio allo stesso tempo sovraccarico e ingenuo di architettura eclettica, ispirata a un neogotico d’importazione, di matrice inglese. E questo in un paese che, all’epoca, poteva vantare un modernismo (la versione spagnola del floreale) di tutto rispetto, assai originale e creativo. Giustamente, tuttavia, Luis de la Fuente Salvador, il progettista che negli anni ’90 ha curato i lavori di ristrutturazione e trasformazione del complesso in centro congressuale, ha mantenuto le forme d’inizio secolo. Per detestabili che possano essere, sono tuttavia una testimonianza, e non secondaria, della loro epoca.



LETTERATO E FILOSOFO – Marcelino Menéndez y Pelayo è una delle glorie di Santander, dove vide la luce nel 1856. a soli 22 anni ottenne la cattedra di scienze letterarie all’università di Madrid, e tre anni dopo divenne membro dell’Accademia spagnola. Scrisse saggi fondamentali sulla storia della letteratura iberica e fu lui stesso apprezzato poeta. Restano famosi il suo studio sull’estetica nell’arte in Spagna e il trattato in quattro volumi sulla storia del romanzo spagnolo. Dal 1898 diresse la Biblioteca Nazionale e curò la pubblicazione critica delle opere di celebri autori, ad esempio di Lope de Vega (1562 – 1635). Lascio alla città natale una ricchissima biblioteca privata con oltre 40 000 volumi di argomento letterario e filosofico, che possono essere consultati nel Museo di Belle Arti, di fronte alla sua abitazione. Mosso da profonda religiosità, rivolse tutto il suo lavoro alla superiore gloria di Dio. Menéndez y Pelayo morì a Santander il 19 maggio 1912, e il suo nome è ora portato con orgoglio dall’università estiva internazionale di Maddalena.


PARCO E SPIAGGE – L’ex palazzo reale sorge nel punto più alto della penisola di Maddalena, ed è attualmente circondato dal maggior parco cittadino.
Ispirato al neogotico inglese, l’edificio si caratterizza per l’enorme quantità di ornamenti, balconi, frontoni e terrazze. Secondo il gusto romantico dell’epoca, fu innalzata anche una torre esagonale coronata da bertesche cilindriche.


L’intera penisola è occupata da un parco aperto al pubblico ma chiuso alle auto, in cui si trovano moderne opere d’arte, un piccolo zoo, campi gioco per bambini e caffè. Dai sentieri che attorniano il palazzo si godono bellissimi scorci.


Nel porto sono visibili alcune navi a vela ricostruite sull’esempio di quelle antiche, che ricordano le esplorazioni spagnole in partenza da Santander, in particolare il galeone di Francisco de Orellara, scopritore dell’Amazzonia.


Nella baia lungo la costa meridionale della penisola inizia inoltre la sconfinata spiaggia atlantica del Sardinero. Numerosi alberghi e una grande casa da gioco si affacciano sulla strada costiera.


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