venerdì 3 febbraio 2012

Palazzo Borromeo – Un dono d’amore sull’Isola Bella


Quando Carlo III Borromeo eresse il sontuoso palazzo su uno scoglio roccioso del Lago Maggiore, dedicò l’opera alla moglie Isabella d’Adda. In suo onore cambiò anche il nome all’Isola Inferiore, che ribattezzò “Isabella”: il termine poi con il tempo venne deformato in Isola Bella.


LE ISOLE BORROMEE – Nel Quattrocento una pericolosa insidia per il ducato di Milano proveniva dagli svizzeri, che minacciavano i confini settentrionali dello stato. Per opporsi alle loro mire i duchi milanesi affidarono gran parte del Lago Maggiore e delle terre circostanti a una famiglia milanese, i Borromeo, che arrivarono quasi a costituire uno Stato nello Stato, con rango principesco.


Al centro dei loro domini stava un piccolo arcipelago di tre isolette, di cui i Borromeo acquisirono la proprietà. E proprio su una di queste isolette, all’epoca occupata solo da un villaggio di pescatori, nel 1632 Carlo II iniziò la costruzione, dedicata alla moglie Isabella, di un grande palazzo con annesso giardino all’italiana. Alla sua morte i lavori furono proseguiti dal figlio minore, Vitaliano. In vent’anni di tenace lavoro, che gli guadagnarono il soprannome di “creatore dell’Isola Bella”, egli realizzò la maggior parte dello straordinario complesso artistico attuale.


UNA NAVE INCANTATA – Il fantastico giardino all’italiana che accompagna il palazzo, con le sue terrazze digradanti, è stato più volte paragonato alla popa di una gigantesca nave incantata, ancorata tra le onde del lago. Suggestivo a vedersi già da lontano, dislocato su un dislivello di 30 m grazie a dieci terrazze, è arricchito da fagiani e pavoni che si aggirano tra le palme, da frutti mediterranei, oleandri, magnolie, carrubi. Il superbo panorama, la vegetazione lussureggiante, le sculture barocche, le vasche e le fontane ne rendono indimenticabile la visita. Per lo svago dei felici occupanti, è stato previsto persino un delizioso teatrino scenografico all’aperto.


Anche l’interno del palazzo, esemplare testimonianza del barocco lombardo (e della ricchezza della famiglia Borromeo), gode di fama meritata per la raffinatezza e l’inventiva delle sale, in cui passarono nei secoli i grandi di tutta Europa. Tra le sue mura pernottò anche, durante la campagna d’Italia del 1797, il futuro imperatore Napoleone, lanciato alla conquista del continente.


LE ANCELLE DELLA REGINA – L’Isola Bella, con il suo palazzo e i suoi giardini, è senza dubbio la “regina” delle isole Borromee. Ma non meno interessanti sono le altre due. La vicina Isola dei Pescatori consiste sostanzialmente di un pittoresco villaggio, attraversato da stradine sulle quali si affacciano negozietti e ristoranti, oggi invasi dai turisti.


L’Isola Madre, la terza dell’arcipelago, più discosta delle altre due, si caratterizza invece per le sue preziosità botaniche, la sua notevole ricchezza floreale. Il palazzo che vi sorge è molto meno sontuoso e magniloquente di quello dell’Isola Bella, ma tanto più raccolto e riposante.


SAN CARLO BORROMEO – San Carlo, l’esponente più celebre della famiglia Borromeo (1538 – 1584), nacque ad Arona sulla riva sudoccidentale del lago, in quella che era la piazzaforte di famiglia. La sua città lo ha onorato con un enorme statua di rame e bronzo di 25 m sostenuta da un basamento di 12. all’interno una scala a chiocciola consente di salire in cima e di ammirare il paesaggio attraverso gli occhi aperti del santo. Carlo, arcivescovo di Milano, risiedete a Roma fino alla morte di papa Pio IV, suo zio: qui fu nominato cardinale e quindi presidente della consulta, equivalente alla carica di segretario di Stato. A lui si deve in gran parte la riapertura del Concilio di Trento, alle cui sessioni conclusive partecipò e dei cui dettami fu sempre uno scrupoloso esecutore. Pose particolare cura nell’organizzazione e istruzione ecclesiale, nell’educazione religiosa dei fedeli e in un programma religioso che abbracciasse tutti gli aspetti della vita. Nel 1610 fu elevato agli onori degli altari e la sua figura è diventata modello “canonico” dal vescovo controriformato.



TRIONFO DEL BAROCCO – Con il suo elegante aspetto barocco il palazzo testimonia la ricchezza e l’importanza dei Borromeo.


Il palazzo conserva pregevolissimi dipinti nella pinacoteca. Diversi quadri provengono dalle botteghe pittoriche lombarde del XVI e XVII secolo: ma vi sono tele di Tiepolo, Luca Giordano, Annibale Carracci, Cerano, cosi come sculture dell’Amadeo e del Bambagia.



La sala degli Arazzi è tappezzata con arazzi originali fiamminghi del Seicento: nello stesso periodo i conti Borromeo iniziarono una vasta e oggi pregevolissima collezione di armi.


La sala delle Feste e la sala della Musica e da Ballo presentano un fastoso arredamento; non manca naturalmente un salone degli Specchi.


È visitabile la stanza in cui dormì nel 1797 Napoleone Bonaparte.

Una particolare attrattiva è costituita dalle sei sale sotterranee, le grotte, ornate di conchiglie e altri molluschi, che nelle calde giornate estive offrivano un piacevole refrigerio.

mercoledì 1 febbraio 2012

Glastonbury: la leggendaria Avalon


Ergendosi sulle uniformi pianure dei Somerset Levels, la collina di Glastonbury, o Glastonbury Tor, con in cima il suo campanile in rovina, costituisce il simbolo inconfondibile di uno dei luoghi più misteriosi d’Inghilterra.


La località di Glastonbury, dove sorge uno dei primi edifici cristiani del Paese, è teatro di tradizioni e leggende, miti e fantastiche avventure. Questa vivace cittadina di campagna attrae visitatori di ogni genere. I romantici vi sono richiamati dalle leggende di re Artù, i pellegrini dalla sua antica eredità cristiana, i mistici vi accorrono alla ricerca del Santo Graal, e gli astrologi subiscono il richiamo dello zodiaco che, a quanto si dice, è tracciato in quei paesaggi.


Glastonbury era quasi un’isola circondata da paludi o acque alluvionali quando i primi cristiani vi si stabilirono, in un periodo non ben accertato. La prima data attendibile è attorno al 705, anno in cui re Ine vi fondò un monastero, che in seguito ospitò, nel X secolo, alcuni monaci benedettini. Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce vestigia di costruzioni anteriori, fatte di pali e rami intrecciati, coperti di argilla e paglia, nonché numerosi edifici di pietra di epoche più tarde, di cui oggi sono riconoscibili quasi soltanto i tracciati perimetrali.



Rimangono importanti ruderi dell’abbazia principale costruita nel XIII e nel XIV secolo, contraddistinta da una mistica assai singolare. La Cappella della Madonna, risalente al XII secolo, sorge sul luogo di una chiesa più antica, distrutta da un incendio nel 1184. questa era la “Chiesa Vecchia”, edificata, secondo la tradizione, da Giuseppe di Arimatea, il ricco del Vangelo che avvolse il corpo di Gesù in un lenzuolo e lo trasportò nella sua tomba.




Una leggenda narra che Giuseppe emigrò poi a Glastonbury e vi fondò una chiesa. Un’altra riferisce che approdò con una nave vicino alla collina di Wearyall e si appoggiò al bastone per pregare. Questo gettò delle radici da cui nacque il Glastonbury Thorn, il “biancospino di Glastonbury”, che ancora fiorisce a Pasqua e Natale sul terreno dell’abbazia e di fronte alla chiesa di San Giovanni.


- RE ARTÙ FU SEPOLTO QUI?
Forse il più grande mistero di Glastonbury è quello relativo al corpo di re Artù. I suoi resti giacciono veramente nel suolo dell’abbazia? Benché i monaci asseriscono di averli ritrovati, assieme a quelli della moglie Ginevra, nel 1190, si nutrono molti dubbi sull’attendibilità della vicenda: testimonianze recenti sembrerebbero piuttosto indicare che il sovrano fu inumato nei pressi di Bridgend, nel Galles meridionale. Al termine della sua ultima battaglia a Camlann, Artù fu trasportato morente nella mistica isola di Avalon. Il re ordinò a Sir Bedivere di disfarsi della sua magica spada Excalibur. Quando il cavaliere la gettò in un lago, dalle acque emerse una mano che la afferrò. Quale fu l’esatto luogo in cui si svolse questo starno episodio? La tradizione popolare lo identifica con lo stagno, in seguito prosciugato, di Pomparles Bridge, nei pressi di Glastonbury.


La tomba fu scoperta dopo che un bardo gallese ebbe rivelato il segreto della sepoltura al re Enrico II. Il monarca ne informò l’abate di Glastonbury e, duante la ricostruzione del monastero dopo l’incendio del 1184, i monaci andarono in cerca del sepolcro. A circa 2 m di profondità trovarono una lastra di pietra e una croce di piombo recanti l’iscrizione “Hic iacet sepultus inclitus rex arturius in insula avalonia” (Qui giace sepolto il rinominato re Artù nell’Isola di Avalon). Circa 2,7 m al di sotto delal lastra era deposta una bara ricavata da un tronco d’albero, contenente le ossa di un uomo alto 2,4 m, dal cranio danneggiato, nonché ossa più piccole identificate come quelle di Ginevra, in base ad alcuni resti di capelli ingialliti rinvenuti con esse.


L’archeologo Ralegh Radford confermò, nel 1962, che quello scoperto era effettivamente un sepolcro, ma aggiunse che non aveva modo di dimostrare a chi appartenesse. Il punto oggi contrassegnato come Tomba di Artù è in realtà quello in cui le ossa furono risotterrate nel 1278, in una tomba di marmo nero posta davanti all’altare maggiore. La sepoltura originaria non reca indicazioni e si trova a 15 m di distanza dalla porta sud della Cappella della Madonna.


- LE LEGGENDE SULLA COLLINA DI GLASTONBURY
Re Artù ebbe con Glastonbury rapporti precedenti a questi, secondo una leggenda narrata già prima dell’asserita scoperta della sua tomba. Melwas, un re del Somerset, rapì Ginevra e la tenne prigioniera a Glastonbury. Artù accorse per liberare la moglie dalla roccaforte che si riteneva sorgesse sulla Tor, ma l’abate agì da intermediario fra le parti che scesero a patti prima ancora di dare inizio alla battaglia.
Negli Anni Sessanta, nel corso di alcuni scavi, in cima alla collina furono rinvenute le vestigia di antiche costruzioni in legno, ma non fu possibile stabilire se si trattasse dell’abitazione del re Melwas o di un insediamento di monaci. Chiunque abbia vissuto fra quelle mura, vi condusse un’esistenza agiata: tra i reperti vi sono crogioli per la lavorazione dei metalli, ossi di animali che testimoniano l’abbattimento di molti buoi, montoni e maiali, e terraglie che stanno a indicare un copioso consumo di vino.


In epoca medievale, i monaci di Glastonbury edificarono una chiesa in cima alla Tor e la consacrarono all’Arcangelo Michele, ma essa venne distrutta da un terremoto. Il campanile che ancora svetta sulla collina è tutto quanto rimane di una chiesa successiva, costruita per sostituire la precedente. L’intenzione dei frati era probabilmente quella di convertire la pagana Tor al cristianesimo. Secondo la leggenda, da essa si penetrava ad Annwn, un regno sotterraneo governato da Gwyn ap Nudd, re delle Fate. Quando nel V secolo san Collen fece visita a Gwyn, sulla collina di Tor, egli attraversò un’entrata segreta e venne a trovarsi all’interno di un palazzo. Esposta alle tentazioni, asperse con acqua santa tutto quanto vi trovò, finché il castello scomparve e Collen rimase solo sulla collina.


- IL CHALICE WELL, O “POZZO DEL CALICE”
Ai piedi della collina di Tor si trova un antico pozzo, le cui acque sorgive imitano con il loro suono il  battito di un cuore. Inoltre, contenendo ossido di ferro, hanno una colorazione rossa; per questo il pozzo è detto anche Fonte del Sangue. Ma il suo nome più famoso è Chalice Well, poiché, secondo la tradizione, l’inestimabile Santo Graal venne nascosto proprio qui: era il calice da cui Gesù bevve durante l’Ultima Cena, trasportato in Inghilterra da Giuseppe di Arimatea. Si favoleggiava che il Graal avesse poteri miracolosi e dopo la sua scomparsa molti cavalieri della Tavola Rotonda lo cercarono invano.


Le leggende di Glastonbury poggiano forse su fatti assai vaghi, ma hanno permeato tutta la zona di un’aura di mistero avvertibile in pochissimi altri luoghi. Il cronista del XII secolo Guglielmo di Malmesbury scrisse dell’Abbazia di Glastonbury che “emetteva fin dalle fondamenta un riflesso della santità dei cieli e la trasmetteva a tutto il paese…” A dispetto dei cambiamenti intervenuti nei secoli Glastonbury resta tuttora “un santuario celeste sulla Terra”.


Ai piedi della collina di Glastonbury si tenne ogni anno, dal 1127 al 1825, una fiera medievale in onore di San Michele. I festeggiamenti duravano sei giorni – cinque precedenti l’anniversario e il giorno consacrato al santo. Della chiesa di San Michele, sulla collina di Tor, rimane oggi solo il campanile: il lato frontale reca delle curiose incisioni.



Una di esse mostra il diavolo intento a pesare l’anima di un uomo con il mondo; in un’altra, una donna munge una mucca; in una terza, un pellicano si stacca le penne dal petto.



Le rovine dell’Abbazia di Glastonbury sorgono su terra consacrata. A partire dalla “Chiesa Vecchia” in canniccio, costruita secondo la tradizione da Giuseppe di Arimatea, fino alla grande e ricca abbazia distrutta nel XVI secolo, il luogo è uno dei più sacri d’Inghilterra. La tradizione individua in queste terre la mitica Avalon, l’isola dei morti in cui sarebbero sepolti re Artù e san Patrizio.



Sulla Chalice Hill, la “Collina del Calice”, tra la collina di Tor e l’abbazia, è scavato il magico Chalice Well. La leggenda racconta che il pozzo venne costruito con grandi pietre dai Druidi e che in seguito il calice da cui bevve Gesù durante l’Ultima Cena venne gettato nelle sue acque rugginose.

martedì 31 gennaio 2012

Guadamur – La luna di miele di Filippo e Giovanna


Secondo la tradizione Filippo il Bello di Borgogna e Giovanna di Pastiglia e Aragona trascorsero la luna di miele nel castello di Guadamur. Il loro figlio Carlo V divenne poi sovrano di un impero sconfinato “su cui non tramontava mai il sole”.


IL LUTTO DELL’IMPERATORE – Il castello venne eretto a partire dal 1444 da Pedro Lòpez de Ayala, elevato 26 anni più tardi dal re Enrico IV di Pastiglia al rango di conte di Fuensalida. Dopo questa ascesa  egli trasformò Guadamur in poderosa fortezza, vi innalzò la Torre del Homenaje e fece del palazzo una sontuosa residenza principesca. Sono ancora oggi evidenti i lavori di ampliamento allora compiuti e l’aggiunta di un secondo piano subito dopo la costruzione.


Nel castello in cui i genitori avevano trascorso alcuni dei loro giorni più felici si ritirò invece in lutto l’imperatore Carlo V. sconsolato per la morte della moglie Isabella del Portogallo, nel 1539, egli maturò un profondo pessimismo sulle sorti dell’Europa e della sua famiglia, nonché sulla sua stessa vita. Sembra che proprio in questa circostanza abbia cominciato a pensare alla grave decisione di abdicare, presa circa 20 anni dopo.


FIORITURA E DECADENZA – Nel Cinquecento Guadamur fu una delle più splendide residenze reali della Spagna. Oltre a Filippo il Bello, a Giovanna e al loro figlio, l’imeratore Carlo V, alloggiò qui anche Francisco Jiménez de Cisneros (1436-1517), Grande Inquisitore e temporaneo reggente nel 1516 per Carlo V ancora minorenne. Nei secoli seguenti il castello decadde, ma la sua rilevante posizione strategica lo rese di nuovo appetibile durante le guerre antinapoleoniche e persino durante le lotte interne dell’Ottocento, per la successione al trono, che causarono al complesso gravi danni. Alla ricostruzione mise mano nel 1887 il conte di Asalto. Dopo una nuova distruzione durante la guerra civile del 1936, arrivò il definitivo restauro effettuato nel periodo franchista.


GIOVANNA LA PAZZA – Alcun storici ritengono immotivato il soprannome di “Pazza” attribuito a Giovanna di Pastiglia e Aragona, che nel castello di Guadamur passò, sembra, la propria luna di miele. Figlia dei cosiddetti re cattolici, aveva sposato nel 1496 Filippo il Bello di Borgogna,


 figlio dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo e della principessa ereditaria Maria di Borgogna. Nel 1504, alla morte della madre, Giovanna salì sul trono di Pastiglia, ma, poco dopo, l’improvvisa scomparsa del marito Filippo la gettò nella disperazione.  La reggenza fu affidata, per conto della figlia, al padre Ferdinando, ufficialmente per “incapacità di governo a causa del forte stato di depressione”. Quando anche quest’ultimo morì, tutto fu lasciato in eredità a Carlo: la Borgogna, i Paesi Bassi, la Spagna r i possedimenti in Italia, le colonie americane e, nel 1519, anche l’Austria e il titolo imperiale. In lui, però, gli spagnoli videro un “sovrano straniero” e rivendicarono quindi, durante la rivolta dei Comuneros, la corona del Paese per Giovanna. Ella tuttavia rifiutò. In seguito Carlo V abdicò comunque: in Spagna e nei Paesi Bassi in favore del figlio Filippo II e in Austria e addirittura dalla carica di imperatore in favore del fratello Ferdinando I.


ARCHETIPO TARDOMEDIEVALE – Guadamur è forse l’archetipo dei castelli tardomedievali spagnoli, quello in cui si fondono tutti gli influssi e le suggestioni dell’area iberica. Se si osserva la sua pianta, appare un tradizionale castello trecentesco dell’Europa occidentale. Ma la foggia delle merlature, la profusione di bertesche e guardiole, l’uso decorativo delle cerchie concentriche sono tutti elementi chiaramente mediati dalla tradizione araba, anche se non va tralasciato che alcuni sono frutto di restauri non proprio rispettosi del monumento.


UN FIERO CASTELLO DI GRANDE TRADIZIONE – Già da lontano in castello si distingue per la sua imponenza. Sebbene i restauri non abbiano rispettato pienamente le forme originali, questo storico complesso fornisce tuttora una testimonianza esemplare dei manieri spagnoli nel Quattrocento.
Possenti sono le strutture difensive: una doppia cinta muraria e un profondo fossato proteggono l’edificio. Il vero e proprio castello, preceduto da un antemurale, è presidiato da torri circolari e da baluardi triangolari. Merli e caditoie contribuivano ad accrescere la capacità di resistenza delle mura.
Il portone d’ingresso è protetto da numerose feritoie arciere.
Osservando l’insieme si nota chiaramente la successione dei lavori; il primo piccolo castello venne infatti rialzato e massicciamente fortificato, così da dominare le fortificazioni più esterne.
Durante i restauri si è cercato di ripristinare – per quanto possibile – l’aspetto originale del mastio e delle sale interne, anche a prezzo di alcuni “tradimenti” della realtà storica.
Ora il castello ha funzione prevalentemente mussale. Vi sono esposti armi, armature, oggetti in oro, arazzi e pitture su legno e su stoffa.

lunedì 30 gennaio 2012

Benrath – Il capriccio del principe elettore


Nel 1755 il principe elettore Carlo Teodoro del Palatinato incaricò il proprio architetto di corte di erigere nei dintorni di Dusseldorf un casino di caccia, utilizzabile anche come residenza suburbane. Ma dopo il suo completamento, il nobile signore ci venne soltanto una volta.




QUATTRO PIANI NASCOSTI DIETRO A UNA FACCIATA – Un tempo Dusserdolf era la capitale del ducato di Berg, appartenente all’Elettore palatino. Il principe Carlo Teodoro, che regnava a metà Settecento, desiderava ardentemente avere una villa di caccia nella valle renana. La sua scelta cadde sulla piccola località di Bernarth. Qui i conti di Berg possedevano dal XIII secolo una dimora, trasformata nel Seicento in un castello con fossato acqueo di cui oggi restano solo l’aranciera – a sud della costruzione attuale – e la cappella isolata.


Il nuovo complesso, Corps de logis, sorse a sud del grande lago rotondo, Schlossweiher, sul quale si affacciano due ali semicircolari. All’esterno di queste si aprono a loro volta dei giardinetti, mentre sul lato meridionale il palazzo guarda verso un lungo bacino d’acqua rettangolare, Spiegelweiher, che delimita sulla sinistra il bel parco quadrato. Guardando la facciata, si ha l’impressione che l’edificio sia articolato su un unico piano con un attico inserito nel tetto. In realtà l’edificio dispone di ben più di 80 locali dislocati su quattro piani. L’architetto, Nicolas de Piagge, ha realizzato qui il suo capolavoro, erigendo una delle residenze più belle d’Europa nel periodo di transizione fra rococò e neoclassicismo.




SACCHEGGI E VISITE OCCASIONALI – Nonostante la sua signorile eleganza il palazzo Benrath ebbe poche volte l’onore di una visita dei principi regnanti. In compenso durante le guerre napoleoniche venne ampiamente saccheggiato. Dopo il passaggio dell’ex ducato di Berg alla Prussica, a seguito del Congresso di Vienna, la famiglia reale degli Hohenzollern lo utilizzò, anche se saltuariamente, come luogo di vacanza.


LEGGEREZZA TEDESCA – Curiosamente, il rococò d’origine francese trovò in Germania un terreno d’elezione. I signorotti tedeschi fecero a gara per erigere raffinate e leggiadre residenze dalle eleganti ed estenuate curve rococò, con allegre facciate dai colori pastello e tetti fantasiosi rivestiti d’ardesia. Posti di solito al centro di ampi, curatissimi parchi, questi edifici costituiscono una delle maggiori testimonianze del Settecento germanico.


IL PRINCIPE ELETTORE CARLO TEODORO – Carlo Teodoro, nipote del defunto principe elettore Carlo Filippo, ereditò ancora giovanissimo, nel 1742, il Palatinato, inclusi i ducati di Julich e Berg con l’importante città di Dusserdorf. Mecenate delle arti e delle scienze e innamorato dell’architettura, Calo Teodoro costruì nuove residenze a Manheim e nel Palatinato, oltre al palazzo (villa) di Benrath.


Sposò, come previsto, la cugina Elisabetta Augusta, con la quale era fidanzato già dall’età di 11 anni, ma durante la vita matrimoniale fece spesso parlare di sé per una serie di tumultuose e poco segrete relazioni extraconiugali. La moglie, offesa e spazientita, fini per ritirarsi nella sua villa di Oggersheim, mentre il principe se la spassava con le sue giovani etere. Nel 1777 il principe elettore bavarese Massimo III Giuseppe morì senza eredi diretti, sicché Carlo Teodoro, suo parente più prossimo all’interno della dinastia Wittelsbach, gli subentrò anche in quella carica. In Baviera, però, con una struttura statale e un’aristocrazia assai più solide e indipendenti di quelle del piccolo Palatinato, il sovrano non si fece benvolere. Le sue amanti che continuavano a dargli figli, occupavano un posto eccessivo a corte, interferendo con gli affari di Stato. Promosse, inoltre, con l’aiuto della Chiesa, una campagna persecutoria contro gli illuministi, tanto da far nascere e diffondere il sarcastico detto secondo cui “sottovesti e tonache dominano lo Stato”. In particolare sollevò grande indignazione la sua idea (o supposta tale) di cedere la Baveria all’Austria. La sua morte, nel febbraio 1799, fu perciò salutata a Monaco da manifestazioni di giubilo.




SFARZO ED ELEGANZA – Il palazzo di Benrath, con il suo bellissimo parco, costituisce un’opera d’arte “totale” per la struttura architettonica e le collezioni che vi sono custodite, ma nello stesso tempo si offre ai visitatori come sede di festosi ricevimenti e concerti.


Bella è la sala a cupola, affrescata, dalla quale si gode la vista dello specchio d’acqua, lungo 700 metri.


Anche le sale verso il giardino sono ornate con affreschi al soffitto. Mobili e opere d’arte non appartengono all’arredamento originale ma sono tuttavia dello stesso periodo in cui fu costruito l’edificio.
La pregevole collezione di porcellane Frankenthaler al primo piano del Corps de Logis comprende statuette di contadini e pastori.



Le visite guidate nel “locali nascosti” conducono in stanze da bagno, scale di servizio e camere degli ospiti.
Nell’ala occidentale è allestito il Museo regionale di Scienze naturali, utilizzato anche per le lezioni di biologia destinate alle scuole cittadine.
Il parco del castello è sotto tutela monumentale e naturalistica, in quanto vi nidificano specie avicole non frequenti in questa zona, tra cui allocchi e civette.


Nell’aranciera, residuo del vecchio castello, hanno sede la Biblioteca civica e un’università popolare.  

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