L’importante mole del Duomo offre al primo ed emozionante colpo d’occhio un’immagine appartenente unitaria, mentre in realtà è il risultato di numerosi interventi susseguitisi nel corso dei secoli. Quarta chiesa della cristianità per dimensioni (153 m di lunghezza, 39 di larghezza alle navate e 90 al transetto) dopo la Basilica di S. Pietro a Roma, la Cattedrale londinese di St. Paul e il Duomo di Milano, la basilica fu commissionata ad Arnolfo di Cambio “affinché l’industria e la potenza degli uomini non inventino, né possano mai intraprendere qualcosa di più grande e di più bello”.
Sul progetto di Arnolfo, avviato nel 1296 per sostituire la precedente Cattedrale di S. Reparata, intervennero via via Giotto, Andrea Pisano e l’architetto fiorentino Francesco Talenti. Solo nel 1421 fu completata la parte absidale, con il tamburo predisposto a sostenere la cupola, che Filippo Brunelleschi avrebbe terminato 15 anni più tardi. Fu necessario un ulteriore decennio per vedere ultimata la lanterna, che il Verrocchio coronò con la grande sfera sormontata da una croce di bronzo nel 1468, a 172 anni dall’apertura della fabbrica.
ESTERNO DI S. MARIA DEL FIORE – La facciata, realizzata in parte da Arnolfo di Cambio, fu abbattuta nel 1587 perché ritenuta sorpassata, il prospetto attuale risale alla fine dell’800. Sul fianco destro spicca, prima della tribuna, la tardo-trecentesca porta dei Canonici, in stile gotico fiorito.
La parte posteriore si presenta come un movimentato insieme di absidi e absidiole, coperte da semicupole e contraffortate da archi rampanti: la vista migliore, davvero indimenticabile, si ha dall’angolo tra le vie del Proconsolo e dell’Oriuolo. L’alto tamburo ottagonale è in parte coronato da un ballatoio la cui costruzione fu interrotta su suggerimento di Michelangelo, che l’aveva definita “gabbia da grilli”.
La grande cupola ottagonale di Brunelleschi, la più ardua e audace impresa architettonica del ‘400, si slancia nel cielo a completare la costruzione. La particolare difficoltà dell’impalcatura, conseguente alle dimensioni della cupola (circa 42 m di diametro), fu genialmente risolta con l’introduzione da parte dell’architetto di una tecnica maturata studiando le cupole d’epoca romana, che non prevedevano il ricorso alle armature di legno.
Sul fianco sinistro si apre per prima l’incantevole porta della Mandorla, detta così per l’elemento contenuto nella cuspide gotica con l’altorilievo dell’Assunta, opera di Nanni di Banco (1414-21). Nella lunetta compare un mosaico (Annunciazione) realizzato intorno al 1491 da un cartone di Domenico e Davide Ghirlandaio.
OPERE D’ARTE IN S. MARIA DEL FIORE – L’interno della basilica, a croce latina, è diviso in tre lunghe navate scandite da poderosi pilastri, che trasmettono un effetto di austera grandiosità.
Il Duomo di Firenze è la chiesa italiana più ricca di vetrate antiche: se ne contano 44 su 55 finestre. Nella lunetta del portale centrale, il trecentesco mosaico dell’Incoronazione della Vergine è attribuito a Gaddo Gaddi.
Sulla destra, la tomba di Antonio Orso, vescovo di Firenze, si deve a Tino di Camaino (inizi XIV secolo).
Sopra la crociera, la spettacolare cupola è interamente ricoperta dall’affresco del Giudizio universale di Giorgio Vasari e Federico Zuccari (1572-79), in basso sono poste otto statue cinquecentesche di apostoli. Il recinto ottagonale del coro, in marmo circonda l’altare maggiore di Baccio Bandinelli, sovrastato da un Crocifisso di Benedetto da Maiano (1497).
Attorno alla corciera si aprono le tre tribune del transetto e del presbiterio. Fra la tribuna destra e quella centrale, la porta della sagrestia vecchia reca un’Ascensione di Luca della Robbia (1450 circa).
Sotto l’altare della tribuna centrale si trova l’arca di S. Zanobi, capolavoro di Lorenzo Ghiberti (1442). Nella lunetta della sagrestia delle Messe si ammira un’altra terracotta (Risurrezione, 1444) di Luca della Robbia, cui si deve anche la splendida porta in bronzo (1445-69):
la mattina del 26 aprile 1478 trovò qui scampo Lorenzo il Magnifico, mentre il fratello Giuliano cadeva ucciso nell’agguato teso loro dai Pazzi.
Nella 4° campata della navata sinistra si trova la famosa tavola di Domenico di Michelino (1465) raffigurante Dante e i suoi mondi.
Nella 3° e nella 2° campata giganteggiano i cosiddetti monumenti equestri dedicati a Giovanni Acuto e a Niccolò da Tolentino, condottieri dell’esercito fiorentino, affrescati rispettivamente da Paolo Uccello (1436) e da Andrea del Castagno (1456).
Si scende quindi, dalla 2° campata della navata destra, ai resti (IV-V secolo) della Cattedrale di S. Reparata, impropriamente indicati come “cripta”. Le rovine furono riportate alla luce durante gli scavi iniziati nel 1966, che rivelarono anche interessanti reperti romani e paleocristiani.
Da una porticina in fondo alla navata sinistra, 463 gradini salgono alla cupola: dopo una sosta sul ballatoio del tamburo, con suggestivi scorci sull’interno del tempio, inizia la parte più impegnativa dell’ascesa, che termina al ballatoio sommitale: dai suoi 91 m d’altezza si può ammirare un magnifico panorama di Firenze.
CAMPANILE DI GIOTTO – Così chiamato perché da lui progettato, innalza alla destra del Duomo i suoi 84 m di altezza, progressivamente alleggeriti da bifore e trifore e rivestiti di marmi policromi. La base, quadrata (m 14.45 per lato), è rafforzata agli angoli da contrafforti ottagonali. Giotto avviò la costruzione della torre nel 1334, ma tre anni dopo, alla sua morte, ne era stato realizzato solamente il basamento. La direzione dei lavori passò ad Andrea Pisano, cui si devono il piano con le feritoie e le nicchie per le statue, quindi a Francesco Talenti, che portò a compimento l’opera nel 1359.
Parti integranti della struttura, e non semplici elementi decorativi, vanno considerati sculture, rilievi e statue, i cui originali sono conservati nel Museo dell’Opera di S. Maria del Fiore. Nelle formelle del basamento sono illustrate, nella prima fascia le attività umane (originali di Andrea Pisano e di Luca della Robbia), nella seconda i Pianeti, le Virtù, le Arti liberali e i Sacramenti (secolo XIV).
Salendo i 414 gradini di una scala a spirale si raggiunge la terrazza posta sulla sommità del campanile, con straordinaria visione ravvicinata dalla cupola brunellaschiana e grandiosa vista dell’intera città.
UNA CONGIURA DA “PAZZI” – Se la tradizione storica l’ha tramandata come congiura, i mezzi d’informazione d’oggi parlerebbero di tentato golpe: l’intento della famiglia Pazzi, appoggiata dall’arcivescovo di Pisa Francesco Salviati e da Gerolamo Riario, potente nipote di papa Sisto IV, era infatti di porre fine alla signoria dei Medici. Il piano scattò la mattina del 26 aprile 1478, domenica di Pasqua, durante la celebrazione della messa in S. Maria del Fiore: nel mirino dei congiurati erano Lorenzo de’ Medici e il fratello Giuliano. Questi cadde sotto i fendenti dei sicari, ma il magnifico riuscì a trovare scampo nella sagrestia. La notizia dell’attentato, avvenuto davanti a una folla strabocchevole di fedeli, corse di bocca in bocca per tutta la città, i cui abitanti si schierarono senza esitazioni a favore dei Medici, propiziando la cattura dei congiurati e la loro condanna all’impiccagione. Diametralmente opposta fu la reazione del pontefice, che scomunicò Lorenzo e tutte le magistrature cittadine, scagliando il proprio interdetto su Firenze. Tali provvedimenti scatenarono una dura presa di posizione da parte del sinodo dei vescovi e dei prelati della Signoria medicea.
BATTISTERO DI S. GIOVANNI – Esprime l’ideale del romanico fiorentino, al quale guardarono tutti i grandi innovatori dell’architettura cittadina, da Arnolfo di Cambio a Brunelleschi e a Michelangelo. Pur non derivando da un tempio pagano, come voleva tradizione medievale, il Battistero è uno tra i più antichi edifici religiosi di Firenze, eretto tra l’XI e il XIII secolo su costruzioni di epoca romana. Fino all’800 ospitava l’unico fonte battesimale della città: “il fonte del mio battesimo”, come ricordava Dante ma poteva dire ogni fiorentino. L’edificio a pianta ottagonale con rivestimento esterno a motivi geometrici in marmo bianco e verde, ha una trabeazione continua che divide il piano inferiore, scandito da lesene e colonne, da quello superiore, a semicolonne ottagonali che sostengono tre archi a tutto sesto. Un terzo ordine, di epoca posteriore, nasconde la cupola. L’abside, rettangolare, risale al 1202.
LE PORTE E L’INTERNO DEL BATTISTERO – La porta sud, di Andrea Pisano, è la più antica delle tre (1330), è suddivisa in 28 formelle: nelle 20 superiori sono raffigurati episodi della vita del Battista, patrono del capoluogo toscano, in quelle inferiori l’Umiltà e le Virtù cardinali e teologali. La porta nord, opera di Lorenzo Ghiberti (1403-24), reca nelle formelle superiori scene del Nuovo Testamento, nelle otto inferiori gli Evangelisti e i Padri della Chiesa: lo stile, ancora tardogotico, evidenzia un notevole realismo delle fisionomie. La porta est, chiamata da Michelangelo del Paradiso, è una coppia dell’originale, in mostra presso il Museo dell’Opera di S. Maria del Fiore. Commissionata al GHiberti nel 1425, rivala nelle dieci formelle con scene del Vecchio Testamento la maestria e la personalità raggiunte dall’eclettico artista fiorentino, apprezzato sia come scultore e architetto, sia nella veste di pittore.
La pianta ottagonale e la disposizione delle colonne all’interno ricordano il Pantheon di Roma. In mezzo all’ottagono centrale si trovava l’antico fonte battesimale, rimosso nel 1576 e sostiuito con un esemplare decorato da sei bassorilievi di scuola pisana (1371), collocato lungo la parete.
A destra dell’abside è il sepolcro di Baldassarre Cossa, l’antipapa Giovanni XXIII, mirabile opera di Donatello eseguita in collaborazione con Michelozzo. Completano il palinsesto decorativo le splendide tessere dorate dei mosaici (secolo XIII) dell’abside e della cupola, influenza bizantina.