Un totale di 1 050 stanze per un’arca complessiva di 4,6 ettari, 1 945 finestre, 1 886 porte e 116 gradini: dati che da soli, possono già dare un’idea delle dimensioni gigantesche del palazzo. La residenza barocca degli zar russi, che può essere definita come un immenso monumento al potere, proprio per la sua ampiezza è il luogo ideale per ospitare la vasta e incomparabile collezione di opere del museo dell’Hermitage.
La facciata nord del Palazzo d’Inverno si specchia nelle acque della Neva. Le colonne sovrapposte, disposte in fila di due, creano su questo lato un movimento di rottura, ma anche di uniformità, grazie alla loro sequenza regolare. Anche nel realizzare la facciata al sud – intesa come l’ingresso principale per chi proviene dalla corte principale – l’architetto Bartolomeo Rastrelli tenne in considerazione l’effetto visivo da un certa distanza. Le facciate est e ovest, con le loro numerose finestre e cornici riccamente decorate, sono, invece, piuttosto differenti.
Nonostante le quattro ali, che delimitano una piazza centrale rettangolare, siano tutte molto diverse tra loro, il Palazzo d’Inverno appare nel suo complesso, omogeneo e armonico. Ciò perchè Rastrelli conservò degli elementi comuni e unificanti, come le colonne in due ordini sovrapposti che spezzano le facciate e il tetto baluastro, adorno di numerose statue.
Nonostante l’avvio dei lavori risalga al 1711, le attività di costruzione iniziarono realmente solo nel 1754, quando Elisabetta I, figlia di Pietro il Grande, diede la sua approvazione allo studio di Rastrelli, l’unico che piacque veramente all’imperatrice.
Questi (1700 – 1771), con i suoi numerosi progetti, lasciò un impronta artistica notevole a San Pietroburgo, senza, tuttavia, portare a termine questa sua ultima ed epocale impresa. Di conseguenza, le decorazioni interne del palazzo sono opere di numerosi architetti ingaggiati da Caterina II (1729 – 96): Vallin de la Mothes, Antonio Rinaldi, Jurij Felten, Giacomo Quarenghi, Carlo Rossi, Vassilij Stassov, Auguste Montferrand furono i grandi nomi che contribuirono a completare gli interni.
La scala detta di Jordan è una splendida costruzione in marmo bianco con stucchi dorati e specchi. Al primo piano alcune stanze mantengono ancora le loro decorazioni originali, come la Sala delle Armi, la più ampia di tutto il complesso, che con la sua area di 1 103 metri quadrati, costituiva il luogo ideale per lussuosi banchetti e ricevimenti.
Tuttavia, la più famosa e sfarzosa è la Sala di Malachite, progettata da Alexander Brjullov nel 1837, dopo il terribile incendio che devastò il palazzo. Colonne in malachite verde, porte dorate, capitelli, un soffitto riccamente fregiato, pesanti tendaggi rossi ed enormi specchi simboleggiano lo splendore e la magnificenza degli zar.
L’adiacente Sala Bianca ha invece un significato storico di fondamentale importanza, poiché qui, nella notte tra il 8 e il novembre, le Guardie Rosse, guidate da Lenin, stabilirono la sede del Governo Civile Provvisorio, lo stesso che avrebbe costretto Nicola II ad abdicare.
A causa delle dimensioni imponenti del palazzo, gli zar preferivano occupare le loro residenze estive, più piccole e vivibili; di conseguenza, molte stanze furono utilizzate fin dall’inizio per conservare i numerosi tesori della dinastia reale. Dal 1917, inoltre, l’edificio, insieme alle costruzioni adiacenti (il Piccolo Hermitage, il Nuovo Hermitage e il Grande Hermitage), ospita le collezioni del famoso museo ed è spesso difficile, per il visitatore di oggi, giudicare se le opere esibite o le sale stesse del palazzo siano più spettacolari e impressionanti.
L’HERMITAGE – Il famoso museo di San Pietroburgo è considerato uno dei maggiori al mondo, insieme al Louvre di Parigi, il British Museum di Londra e il Metropolitan Museum of Art di New York.
Con le sue 400 sale espositive, l’Hermitage contiene la bellezza di 2,7 milioni di opere d’arte: l’ex direttore del museo, Piotrovskji, ha calcolato che osservando per almeno 30 secondi ogni pezzo esposto per otto ore al giorno, il tour completto del museo durerebbe più di sette anni. Ma viene spontaneo chiedersi: in che modo una tale quantità di tesori è stata raccolta e conservata? Pietro il Grande gettò le basi di questa immensa collezione acquisendo la proprietà di tutti reperti archeologici che vennero rinvenuti a San Pietroburgo a partire dal suo regno. Sua figlia, Elisabetta I continuò sulla stessa strada, ma la vera collezionista d’arte fu Caterina II, che acquistò ben 225 capolavori fiamminghi da un commerciante d’arte berlinese nel 1764, anno a cui si fa risalire la nascita del museo.
Caterina, approfittando delle difficoltà economiche di molte famiglie aristocratiche europee, acquistò opere di valore inestimabile a prezzi davvero vantaggiosi. Dopo 10 anni di regno, i quadri in suo possesso erano già oltre 2 000. Anche Alessandro I e Nicola I diedero il loro contributo alla collezione e, nel 1852, il Nuovo Hermitage fu aperto al pubblico. La galleria risentì non poco anche delle conseguenze della Rivoluzione d’Ottobre, dal momento che le collezioni private appartenute alle varie famiglie aristocratiche furono confiscate come “proprietà del Popolo” e donate all’Hermitage. Fu così che il patrimonio del museo quadruplicò. Alcuni anni dopo, tuttavia, un gran numero di importanti opere fu venduto all’estero.